Con La Santa Crociata del Porco
C’è un maiale al centro dello scontro fra civiltà?
di Mattia Pellegrini
fotografia di Floriana Onidi
Nelle tecniche che si impadroniscono del corpo del porco, tra carne, sangue e immaginario simbolico, Wolf Bukowski cerca i tratti distintivi che dominano le strutture economiche e sociali del presente.
La Santa Crociata del Porco è, infatti, un viaggio dentro la tormenta che stiamo attraversando.
Razzismo, disinformazione, tabù alimentari, migrazioni, gentrification, addomesticamento, violenza. Il food non solo come marketing ma come politica di governo. Notizie false create ad hoc dagli organi della stampa tradizionale, e da politici affini, per farle fluttuare su Internet, fomentano il razzismo e la paura dell’invasione barbarica.
In molti si scagliano contro i subalterni, i salta bordo, i migranti; la questione è anche culinaria: se non mangi maiale sei un retrogrado, sei un servo del tuo Dio, cantano gli idoli della presunta laicità.
È singolare l’ambiguità simbolica di questo animale: nella possibilità di poterlo mangiare un’idea di modernità, anzi, di libertà. D’altro canto, invece, è da sempre mezzo per offendere, per denigrare. L’islamofobia e l’antisemitismo sono da sempre legati a questo doppio legame nella figura del porco. Ieri i Nazi-fascisti oggi i Democratici.
Ma non solo.
Penso all’acronimo P.I.G.S. (Portogallo, Italia, Grecia, Spagna) coniato da alcuni giornalisti economici dei paesi europei del nord per screditare le pigre terre più a sud. Le sfumature del razzismo sono molteplici e ogni tanto capita anche ai razzisti di essere oggetto di razzismo. Questioni di geografia.
Wolf Bukowski indaga la rete e trova le distorsioni che alimentano l’odio. Così uno sciopero della fame di siriani bloccati in una stazione d’Ungheria si trasforma velocemente in un problema di spreco del bene pubblico. O a Rovereto dove il momentaneo stop all’utilizzo di un maialino a dondolo in un asilo comunale si evolve nell’indignazione razzista della comunità, nella temeraria difesa della civiltà cristiana.
La banalità del male è sempre più social e orizzontale
Vi sono, purtroppo, anche le notizie vere: le violenze al CPT di San Foca, i migranti costretti con la forza dai carabinieri a mangiare maiale o la proposta di György Schöpflin di mettere teste di maiali sul confine ungherese per non far entrare i mussulmani.
Provate a leggervi i commenti sotto certi tipi di notizie e vi assicuro che basterà per contestare l’idea diffusa che il problema è solo chi ci governa.
No, la crisi è esistenziale. L’idiozia e la brutalità abitano ovunque.
Il cibo, con i suoi rituali e i suoi tabù, è da sempre un elemento fondante delle comunità. Intorno ad esse si sono create eresie, scissioni religiose e politiche. Con l’utilizzo di fonti storiche nel libro ci troviamo in tempi antichi, nella creazione dei tabù delle tre religioni monoteiste, mostrandoci anche, udite udite, che il maiale è tutt’altro che laico.
Nel Vangelo secondo Marco, infatti, si trovano le parole con cui Gesù rende puri tutti gli alimenti. Il passaggio dall’ebraismo al cristianesimo è anche una questione di cibo.
Così come accaduto in altre culture. Il vegetarismo nell’induismo è un passaggio dettato dalla scissione buddista in nome della non violenza. Ed è proprio dall’India che in questi anni stiamo assistendo al violento attacco dell’estremismo induista in nome del vegetarismo, con a capo il presidente Modi, contro mussulmani e la casta Dalit.
I Dalit, gli intoccabili, la casta più bassa nella gerarchia induista, gli unici da millenni addetti al lavoro con le carcasse degli animali. I Dalit hanno dato vita negli ultimi anni ad un grande movimento di protesta, come mai si era visto prima. I tabù alimentari sono attraversati, soprattutto, da rapporti materiali, da scontri di classe. Che cos’è altrimenti la doppia filiera alimentare cibo biologico – cibo velenoso? La terza parte del libro è dedicata al rapporto tra allevamento industriale e capitalismo contemporaneo. Lo sterminio.
I dati parlano chiaro: ogni anno un miliardo e cento milioni di maiali vengono uccisi. Sterminati in modo efficiente, produttivo, razionale.
Questa carneficina può avere solo il nome di capitalismo
Attraverso il libro The Jungle (1906) di Upton Sinclair si entra nei macelli di Chicago. I primi meccanizzati e disciplinati in quel modo. Le urla della disciplina, oggi azzittite dalle camere a gas a cui sono costretti i maiali prima di essere uccisi, non hanno certo diminuito la crudeltà predatoria dell’animale umano. D’altronde Herny Ford, capitalista e antisemita, si ispirò alla catena di smontaggio di carcasse di animali per creare le catene di montaggio per le automobili. Operai e maiali, macchine e prosciutti. Come uscire dall’essere partecipi di tutta questa violenza? Wolf Bukowski ci avverte che non è solo nella scelta del cibo che mettiamo nel piatto. La sussunzione di un processo radicale come il cibo naturale è l’ultimo brand del capitale. Come non farsi divorare è forse l’urgenza del nostro presente, alcune istanze: rovesciare i tavoli, destituire i rapporti di forza, immaginare amicizie possibili.
Da L’Almanacco de La Terra Trema. Vini, cibi, cultura materiale n. 07
16 pagine | 24x34cm | Carta cyclus offset riciclata gr 100 | 2 colori
Per la lettura di questo e dei prossimi numeri de L’Almanacco potete scrivere a info@laterratrema.org
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Last modified: 20 Ott 2019