VENTU HONTRARIU
del Comitato Orgolese contro la Speculazione Energetica Ventu Hontrariu
fotografie di Giuseppe Musina e Comitato Orgolese contro la Speculazione Energetica Ventu Hontrariu
In Sardegna politica istituzionale e società multinazionali vogliono realizzare nuovi impianti energetici incuranti dell’impatto devastante su paesaggio, ambiente, storia e la cultura dell’isola. Un’imponente mobilitazione popolare si è mossa a contrasto.
Più di 3.000 aerogeneratori a terra con un’altezza dai 180 ai 240 metri, oltre 1.300 aerogeneratori a mare alti fino a 350 metri, quasi 50.000 ettari di nuovi impianti agro-fotovoltaici. Questi sono solo alcuni dei numeri della speculazione energetica in atto in Sardegna (fonte dati Terna).
Il Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (decreto Fer2), ai fini del raggiungimento degli obiettivi dell’Unione Europea, ripartisce fra le regioni italiane la potenza minima annua degli impianti da installare, assegnando alla Sardegna una quota pari a 6,2 GW.
Tuttavia, a oggi, le richieste di allaccio alla rete elettrica nazionale in Sardegna ammontano ad oltre 800 istanze, per una produzione teoricamente sviluppabile di complessivi 60 GW di energia elettrica da fonti rinnovabili.
Un immane quantitativo di energia per l’Isola, se teniamo conto della quota di produzione assegnata dall’Europa all’Italia, pari a 80 GW, e dei consumi effettivi di energia elettrica della regione pari a circa 9 GW, a fronte di una produzione attuale di circa 12 GW.
Si tratta di un surplus energetico che non potrà essere consumato sull’Isola (che produce attualmente circa il 38% di energia in più rispetto al proprio fabbisogno), non potrà essere trasportata verso la penisola a causa di carenze infrastrutturali (i cavidotti SA.PE.I e SA.CO.I hanno una portata complessiva di poco superiore ad 1 GW, mentre il Tyrrhenian Link, una volta in funzione, avrà una portata massima di 1 GW) e non potrà essere conservata (a oggi gli impianti di conservazione approvati sono molto pochi e di potenza estremamente contenuta).
Gli impianti, per la quasi totalità di tipo industriale, sono proposti da società create ad hoc con capitali sociali irrisori e prive di dipendenti, che solitamente celano dietro colossi multinazionali del continente.
Queste società concorrono selvaggiamente a conquistare le aree dove progettare e installare i propri impianti i quali, una volta realizzati, garantiranno loro esorbitanti ricavi, stimati in circa 1.320.000 € all’anno per un singolo aerogeneratore di taglia media, o in 150.000 € all’anno per MWh, prodotto da pannelli fotovoltaici.
I dati citati sono ancora più drammatici in riferimento al contesto archeologico, paesaggistico ed ambientale della Sardegna.
Parliamo infatti di una fra le aree con la più alta densità di monumenti archeologici al mondo, caratterizzata da una varietà ed unicità di paesaggi e da molteplici e variegati ecosistemi, con una flora ed una fauna ricca di endemismi e specie a rischio.
Sono dati che prefigurano un impatto devastante sul paesaggio, sull’ambiente, sulla storia e la cultura della Sardegna, con l’alterazione degli ecosistemi, il danneggiamento dell’avifauna e della biodiversità, la riduzione del valore immobiliare, la conversione di aree agricole in aree a vocazione industriale, l’alterazione dell’idrogeologia dei suoli e la creazione per l’Isola di una nuova ed ennesima servitù, quella energetica.
Infatti, dopo la privatizzazione delle terre pubbliche ai primi dell’800, il disboscamento tra l’800 ed il ‘900, il colonialismo minerario ai primi del ‘900, la colonizzazione industriale del Piano di Rinascita e le servitù militari tra gli anni ‘50 e ‘60 del secolo scorso, siamo di fronte all’ennesima imposizione di un modello di sviluppo esogeno, che ha come unico scopo lo sfruttamento del territorio e delle risorse della Sardegna.
Il processo in atto ha dimensioni tali per cui la Soprintendenza Speciale per il PNRR lo scorso novembre ha affermato che «nella regione Sardegna è in atto una complessiva azione per la realizzazione di nuovi impianti da fonte rinnovabile, tale da superare già oggi di ben 7 volte quanto previsto come obiettivo da raggiungersi al 2030 sulla base del ff55, tanto da prefigurarsi la sostanziale sostituzione del patrimonio culturale e del paesaggio con impianti di taglia industriale per la produzione di energia elettrica oltre il fabbisogno regionale previsto» (note prot. n. 27154 del 20/11/2023 prot. n. 51551 del 18/03/2024).
Tutto ciò avviene in pieno contrasto con l’art. 9 della Costituzione, che sancisce da parte della Repubblica la tutela del paesaggio, del patrimonio storico e artistico, dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi.
Oltre che in contrasto con l’art. 20 c. 3 del D.Lgs 199/2021 (Decreto Draghi) e con le Direttive EU (direttiva 2018/2001 e 2019/944), in cui si afferma, ai fini della definizione della disciplina inerente le aree idonee, la necessità di tenere conto delle esigenze di tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualità dell’aria e dei corpi idrici, privilegiando l’utilizzo di superfici e strutture edificate quali capannoni industriali, parcheggi ed aree non utilizzabili per altri scopi, favorire la creazione delle comunità energetiche rinnovabili ed incentivare la prossimità tra luogo di consumo e luogo di produzione dell’energia.
In contrasto a questo processo speculativo negli ultimi anni sono nati in Sardegna numerosi comitati spontanei contro la speculazione energetica, impegnati sin da subito nella mobilitazione della popolazione, nella realizzazione di iniziative di informazione e sensibilizzazione, oltre che nella predisposizione delle osservazioni in opposizione ai molteplici progetti in sede di valutazione d’impatto ambientale.
I Comitati riconoscono la necessità di transitare da fonti di energia fossile a fonti di energia rinnovabile, opponendosi tuttavia a una transizione energetica autocratica, attuata senza la concertazione delle comunità locali, senza un’analisi del contesto e dei reali fabbisogni energetici e priva di una seria pianificazione, principale causa delle iniziative di speculazione energetica in atto.
Più volte, invano, i Comitati hanno invocato da parte della Regione Autonoma della Sardegna la realizzazione di attività di concertazione con le comunità locali, di un piano di approvvigionamento energetico regionale basato sulla riduzione dei consumi, sulle comunità energetiche rinnovabili locali, sull’utilizzo, ai fini dell’installazione di impianti fotovoltaici, delle coperture degli edifici agricoli, industriali e civili e limitando l’utilizzo dell’eolico, esclusivamente per il repowering degli impianti industriali esistenti e nel rispetto comunque delle estensioni e delle altezze attuali.
Quest’estate la battaglia ha visto un intensificarsi di azioni e iniziative.
Nel mese di luglio numerosi comitati sono accorsi in difesa dei luoghi interessati dai progetti. Nell’agro di Selargius (città metropolitana di Cagliari), in zona Su Padru, in un’area privata sottoposta a esproprio per la realizzazione del cavidotto sottomarino Tyrrhenian Link i manifestanti hanno occupato pacificamente l’area del cantiere e messo a dimora nuovi alberi in sostituzione di quelli precedentemente rasi al suolo dalle ruspe, dando vita alla cosiddetta “Rivolta degli Ulivi”.
Per proteggere questi terreni è stato istituito un presidio permanente, che oltre a prendersi cura delle nuove piante è diventato un importante luogo di incontro e scambio, in cui vengono organizzate numerose iniziative culturali.
Un’altra importante mobilitazione ha interessato il porto industriale di Oristano, dove per giorni i manifestanti hanno stoicamente ostacolato in maniera pacifica l’uscita delle carovane di TIR carichi di componenti destinati al parco eolico da realizzarsi a Santu Miali, nelle campagne di Villacidro (provincia Sud Sardegna).
Su iniziativa del sindaco Pasquale Mereu, con l’appoggio di diversi primi cittadini e della maggioranza dei Comitati isolani, il 27 luglio è partita da Orgosolo (Nuoro) la raccolta firme per la legge di iniziativa popolare Pratobello ’24.
La legge prende il nome dalla protesta antimilitarista portata avanti dagli abitanti di Orgosolo nel 1969, nella località di Pratobello, dove lo Stato italiano aveva previsto la realizzazione di una base militare e imposto agli orgolesi lo sgombero di enormi porzioni di territorio comunale, che venivano utilizzate dagli allevatori come pascolo per il bestiame.
Per impedire la costruzione del poligono, l’intero paese si mobilitò in maniera pacifica occupando i luoghi in cui erano previste le esercitazioni militari e costringendo il Ministero della Difesa ad accantonare il progetto.
La lotta di Pratobello è dunque diventata negli anni un simbolo di resistenza e di vittoria popolare contro i soprusi del potere.
Oggi la proposta di legge di iniziativa popolare intende mettere un freno alla speculazione energetica e mira a garantire la massima tutela delle aree gravate da rischi idrogeologici, delle zone di protezione speciale, degli habitat di emanazione comunitaria, dei parchi e compendi naturalistici, dei beni identitari, archeologici e monumentali, oltre che delle aree di tutela IGP, DOC e DOP o che comunque sovraintendono ad un tessuto economico rilevante, come le produzioni agricole e agropastorali.
Per essere accolta in consiglio regionale la proposta deve essere sottoscritta da almeno 10.000 cittadini e cittadine sardi/e e per raggiungere l’obiettivo comitati e amministratori si sono da subito adoperati per allestire nei propri comuni gazebo e banchetti per la raccolta delle firme. La risposta dalla popolazione è stata finora straordinaria. In poco più di un mese si stima che la petizione abbia già superato le 70.000 firme e non è inverosimile che possa arrivare a oltrepassare le 100.000.
Non è dato sapere se la Legge Pratobello ‘24 sortirà gli effetti desiderati, ma ciò che è palese alla vista di tutti è un esempio sano di democrazia dal basso e una forte presa di coscienza di una popolazione, quella sarda, che da anni si mostrava assopita in relazione a qualsiasi tematica (ambientale, sociale, economica, ecc.).
Di fronte a una mobilitazione per certi versi inedita la classe dirigente sarda fa una grande fatica a comprendere come muoversi.
Entrambi gli schieramenti politici hanno enormi responsabilità per la situazione attuale e si affannano alla ricerca di una difficile via d’uscita.
Da un lato alcuni partiti fanno a gara per intestarsi una battaglia a cui non hanno mai partecipato, dall’altro si risponde alla mobilitazione con un’ostilità profonda e si accusano in maniera assurda i cittadini di essere disinformati e facilmente manipolabili.
La proposta di legge un obiettivo sembra averlo già raggiunto, quello di costringere la classe politica a occuparsi seriamente della questione e di inchiodare i partiti alle loro responsabilità.
Questo ci fa pensare che la legge Pratobello ‘24 sia davvero sulla buona strada.
Da L’Almanacco de La Terra Trema. Vini, cibi, cultura materiale n. 34
20 pagine | 24x34cm | Carta cyclus offset riciclata gr 100
Per ricevere e sostenere questa pubblicazione: info@laterratrema.org
Last modified: 20 Dic 2024