IL MISTERO È AZZURRO, DI COLORE GIALLO
di Mara Cortázar



Qua si pensa sia giusto,
qua si pensa a una lezione.
Si usa la forza martello del suono
per tirar via dall’uomo
com’era
com’era giusto
com’era giusto prima di portare
valigie piene di miseria, per pagare.

È rapido il colpo dell’uomo piccolo
è il dito di un piccolo uomo che tocca il cane.
E al ritrarsi dell’indice fucile,
io scavo tra il corpo e il fiato vivo
una trincea profonda, profonda che rimane.

Parlo
sparando fuori colpi di cannoni
mitraglie di nomi
per questa mania degli uomini di sentire il piacere del più alto
per andare più in alto,
il piacere di salire
sopra al corpo di qualcuno
sopra ai dolori del corpo di qualcuno
piegando, tirando su
portando in giro
il corpo che non nasce per questo,
per compiacere il capo,
messo da solo a capo
messo sopra
la piramide costruita come fossa comune
sopra cumuli di paure
per la vita che resta,
tutto il santo giorno,
appena fuori la porta,
ad attendere fine turno.
Per la mania degli uomini di tirare la corda
suonando morte trombe per una gloria sorda
trattando da vittoria un menare vigliacco,
scambiando per rispetto
il silenzio che segue
il pianto padrone lamento
che piange
senza essere contraddetto.

Però vedi,
non solo di dieci minuti c’è bisogno,
neanche delle mezzore
è lento il tempo delle chiacchiere,
lento l’arrivo delle parole.
Vorrei ci fossero serate intere
dove io e te, amore,
parlassimo di quanto è difficile trovare una casa,
quanto è difficile rientrare la notte,
quanto è difficile tornare.
Dopo vengano le cose silenziose
come un abbraccio stretto
dove finisce tutto quello che manca
per esempio il letto
quando serve di guarire,
e guardassimo alle lenzuola come al lusso che è diventato
il bisogno naturale di dormire.

Questo mi disse, e disse ancora
“Gli dèi sono sotto, gli dèi che non hanno paura,
più sotto di dove guardi ora.
Il buio è l’orto selvaggio,
la culla calda della lupa
tutto il resto è un rifugio di passaggio”.

Quasi non si vede più
il cielo si spinge al nero.
Perdono di peso le sedie e i tavolini
il sonno dei grilli è leggero
l’ora più buia è imminente
ma non mi pesa per niente.
L’aria mi fa tornare figlia
e ho mille occhi
mille vetri di bottiglia
solo se mille è un numero infinito
niente più grande di mille
e mille volte figlia
e mille volte la sera è meraviglia.

Nelle nostre storie tu ci sei sempre,
nessuno chiede di te
perché
è l’intero bosco a conoscerti per nome
presta attenzione
non vola una mosca sola, è l’intero sciame
che si spinge oltre i confini del reame.

Alcuni di noi vogliono stare al buio. Sta lì, è nascosto il lato migliore.
La luce segreta dei sogni nel cassetto brilla,
guardando l’ombra nitida del sole.
Altri cercano fontane luminose, apposta
come si cerca una risposta.
Qualcuno nasce adesso
appena l’eco delle stelle compare,
importa poco morire
è un colpo secco dove tuona il sasso.

Tu credi, per favore, credi
a tutto,
tutto quello che vedi.
Credi alle piccole ali, alle gioie immense
ai mille occhi che abbiamo, alle scemenze.
Credi alle parole che diciamo, al silenzio che segue e precede,
al fruscio del vento che parla al ramo
e non si vede.

Oggi è il giorno per cambiare le lenzuola,
toglile dal letto, spalanca le finestre.
Per prima cosa entri sole
ed esca il vizio della fatica terrestre.
Ecco i cinque soli che muovono la terra:
un sole sulla testa
un sole sul cuore
uno sulla pancia
un sole che tutto vuole
e il sole più basso, il sole imperatore.
Vedrai nell’eclissarsi uno, comparire l’altro
vedrai che resta spazio.
I soli sono cinque, fa caldo,
ma l’acqua non manca mai.
Vedrai.
E allora, diamo fuoco a quel gran ridere alle spalle
che è tutto dei signori
dei loro sogni morti, dei giorni investiti a proteggere
e curare soltanto il capitale, a inventare una lingua di finanza
dove non c’è abbastanza e non si vede fine
e invece sono arrivati
e come dai cani, dagli animali amati, cacciamo i parassiti
buttiamo in strada le spille di famiglia, gli stemmi,
i quadri originali
ché solo il sole può tenersi l’oro per renderlo ai germogli della terra,
nutrendoli di raggi minerali.

*
E per un attimo simile al cadere della frutta
i cinque soli tirano su le loro gonne di luce
e dal buio cieco dove si trova tutto
emerge il capo filo di una voce
fino a tuonare fuoco sul mare di terra ferma:
è tutto come sembra.

È possibile che avrete visto abbastanza verso il finire del giorno.
Le ore che portano alla notte chiedono che venga fatta giustizia
prima del buio.
C’è un letto pronto e una valigia vuota
e una sedia per dire “sono qui, sto qui seduta”.
Il fiume di cui abbiamo parlato è proprio dove dicevi, non l’hai
sognato.
Tutto si trova dove sapevamo,
perché allora ci abbiamo messo tanto?
Perché la mattina dicevamo “è presto” e la sera dicevamo “è tardi”?
Perché cercavamo una colpa?
Ora la pietra è calda di tutto il sole versato mentre mancava una
scusa.
E sotto i cinque soli del mondo
mi accorgo che è casa dove si parla la lingua di una valigia vuota
ai piedi stanchi di una sedia su cui scivola una promessa di formica
“Sei arrivata”.

Dovresti stare nel peso dello sguardo
nel linguaggio che uso, in come vesto
dovresti stare nei miei passi, adesso
nei sorrisi migliori.
Dovresti e stai, dalla mattina al nuovo sorgere del sole
nei miei pensieri, amore.

Da destra e da sinistra arrivano i fulmini
ci prepariamo a ricevere il grande tuono della notte.
Nessun assente.
Facciamo un cenno con la mano, salutiamo.
Siamo qui, sono qui da sola
a chi dice avanti, vicino
e vicino alla bocca di chi parla piano.
Pieno di luce è il futuro,
cantano gli uomini nel cuor loro,
mentre gli occhi delle donne guardano alla zona oscura.
E nessuno, nessuno, nessuno ha paura.



Dopo aver già pubblicato nel numero 22 alcuni estratti del precedente lavoro di Mara Cortázar (Anatemica edito da Sem Plumas), pubblichiamo ora alcuni brani di Il mistero è azzurro, di colore giallo, edito nell’aprile 2024 da Sensibili alle foglie.
Ci troviamo immersi in un poema corale e polifonico dove si intelaiano al mistero dell’esistere le voci, i corpi e i destini di tutti i viventi. A far da cornice ai versi è lo scorrere di una giornata del Mondo, dal cui fluire emergono, alternandosi e confluendo, gli sguardi animali, il discorso umano e le gemme silvestri che, insieme, vanno a comporre l’affresco collettivo degli esistenti. Fra le pieghe della Terra, fra le anse dell’Universo, la poeta ci restituisce l’orma cardiaca del respiro vivo delle connessioni, la madreforma del vivere che è ribadita ed esatta unione nel tutto. Con potenza gentile, incanto autentico e con la rabbia cosciente degli equilibri ingiusti, asimettrici e verticali del consesso umano, la Cortázar ci dona un’intensa, spietata, salvifica e istintiva cognizione dell’amore.


Da L’Almanacco de La Terra Trema. Vini, cibi, cultura materiale n. 33
20 pagine | 24x34cm | Carta cyclus offset riciclata gr 100
Per ricevere e sostenere questa pubblicazione: info@laterratrema.org

Last modified: 9 Ott 2024

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