Questo mese di agosto sarà più infernale che mai per i detenuti e le detenute del nostro paese. Non fanno più notizia le cronache quotidiane che, dall’inizio dell’estate, aggiornano riguardo a proteste, rivolte, violenze, torture, suicidi.
Le carceri italiane stanno per esplodere, stanno già esplodendo. Lo denunciano in tante/i, a partire dai detenuti, dagli agenti penitenziari, dagli avvocati, dai giuristi, dai parlamentari. Nulla succede però. Le proposte sensate per tamponare questa emergenza sono metodicamente seppellite, dirottate, dimenticate.

Non è difficile intuire cosa vorrà farsene il Governo degli ennesimi morti, delle ennesime violenze e delle inevitabili e sacrosante proteste e rivolte.
Il Governo pensa che saranno pochi a indignarsi per coloro che considera scarti umani chiusi in discariche sociali. Da questa carneficina vuole ricavarne solo profitto politico ed elettorale.
È atroce, inaccettabile.

Serve denunciare con forza questa situazione sociale e politica tremenda, brutale e stare al fianco dei detenuti e delle detenute di questo paese.
Servono provvedimenti e leggi urgenti per far uscire migliaia di persone da questo inferno. A partire dalla popolazione minorenne. Serve chiudere le carceri minorili affollate e inadeguate.
Serve cambiare l’ordinamento penitenziario. Servono amnistia e/o indulto.
Serve il superamento di queste istituzioni obsolete e inumane.

Per questo, nel nostro piccolissimo, pensiamo che questo libretto, che le lettere di Francesco, siano materiale prezioso.

L’IPOCRISIA DEL CARCERE. DAL MINORILE AGLI ISTITUTI PER ADULTI
Un libro di Francesco Costanzo
curato da Paolo Bellati e Laura M. Alemagna
Edito da Sensibili alle foglie, 2024
Fotografie Laura M. Alemagna

Una importante testimonianza di un giovane detenuto che – attraverso la sua corrispondenza con Paolo, operatore sociale – ci conduce nelle vicende quotidiane di diversi istituti e, senza alcuna retorica, mostra con chiarezza il livello di ipocrisia della pretesa rieducativa dell’istituzione carceraria. Le lettere sono precedute da una prefazione di don Gino Rigoldi e da due brevi saggi dei curatori che, denunciando l’insensatezza della carcerazione specialmente per i minorenni, chiedono con urgenza e senza esitazione la chiusura dei minorili.

Questo volume propone una raccolta di lettere scritte da Francesco a Paolo tra il 2019 e il 2024, transitando per due diversi istituti carcerari. Un’amicizia nata al tempo del minorile. La vivacità e profondità della scrittura, in toni talvolta poetici ma soprattutto capaci di svelare l’ipocrisia della funzione rieducativa del carcere, hanno indotto Paolo a proporre questa pubblicazione. Un libro che nasce con l’apprezzamento di don Gino Rigoldi, anche in vista di un futuro per Francesco, auspicabilmente più radioso del suo passato. Da parte sua, l’Autore ha anche imparato diverse lingue per mantenersi vivo dentro al carcere e ha cercato se stesso. Non sembri che sia poco: le condizioni di vita per i reclusi che emergono da queste pagine fanno pensare, anzi, che ci siano volute una volontà e una forza non comuni.


DAL CARCERE MINORILE AD OGGI. TREMILASEICENTOCINQUANTA GIORNI IN CARCERE


COMO, 20 OTTOBRE 2023

Sono Costanzo Francesco Sebastiano. Mi trovo nel carcere del Bassone di Como. Ho trascorso dieci anni della mia vita in carcere e adesso voglio fare delle riflessioni circa questa esperienza.

Sebbene io abbia scontato tremilaseicentocinquanta giorni, poche volte mi sono sentito in carcere oppure recluso, prigioniero, ingabbiato o altro.

Ovviamente il mio corpo è qui, dentro questo loculo dietro queste sbarre ma la mia volontà (vecchia compagna) non conosce ferraglia, mura di cinta o sentinelle annoiate che camminano meccanicamente sotto la pioggia in mezzo alla nebbia o sotto al sole cocente. Evito di divagare facendo un minestrone, quindi faccio un passo indietro descrivendo i luoghi in cui sono stato dal carcere minorile ad oggi.

Tutto ha inizio molto presto, quando rubai dei prodotti alimentari (e non) da un centro commerciale. Fermo, documenti, commissariato, denuncia. Piede libero (piede).

Iniziano le prime denunce. Si accumulano i furti al supermercato. Le denunce a piede libero aumentano. A 16 anni si aprono le porte del carcere. Inizia la mia strana storia presso le galere italiane. La vita nelle carceri minorili non è molto diversa dalle case di reclusioni e dalle circondariali. Forse è più dura sotto alcuni aspetti. Al minorile non puoi mangiare quello che ti aggrada. Puoi rimpinzarti di merendine stracolme di zucchero e fumare quanto ti pare. Il carrello (vitto) è quasi sempre rivoltante, la qualità del cibo è pessima e la pasta è sempre scotta o cruda. Le celle sono praticamente uguali a queste degli “adulti”. Sono stato in otto carceri IPM (Istituti Penali Minorili), in Spagna (da adulto) e in quattro penitenziari CR (case di reclusione) e CC (case circondariali).

Non ho molti ricordi di questi anni trascorsi in galera da minorenne. Forse li ho eliminati. Non saprei. Quei pochi ricordi che proteggo nella mia mente sono vividi e pieni di emozioni.

Quando ero a Palermo (Malaspina) ricordo che la domenica si mangiava bene. La cucina era dietro una parete dove c’era una finestra dalla quale potevamo parlare con la zia (la cuoca del carcere). Alla domenica c’era quasi sempre la cotoletta di pollo con le patate. Quando finivamo di mangiare lei era solita chiedere a qualcuno se volesse il bis e io ero sempre il primo davanti alla finestrina con il piatto in mano. Lei mi guardava con degli occhi pieni di gioia e un sorriso contagioso mentre mi dava il bis. La cotoletta di pollo con le patate.

A parte questi episodi indelebili pieni di patate al forno, la vita quotidiana non era diversa da quella odierna. Qualche corso di ceramica, catechismo e robe inutilissime come queste, oppure le sfiancanti chiacchiere di qualche pseudo-educatore pronto a sversare tonnellate di spazzatura intellettuale o sfogare le sue frustrazioni esercitando quel piccolo potere sulla tua disgraziata esistenza. Insomma, la vita da detenuto (minorenne) non differisce molto da questa da adulto.

Da minorenne non avevo mai visto un detenuto maledettissimo delinquente, un incorreggibile vandalo impiccato alla finestra di una stanza buia. La reclusione è sempre una cosa sgradevole e certe situazioni non sono descrivibili con le parole. Uno dei ricordi più belli è stato quando conobbi la compagnia teatrale (operativa al Beccaria) Punto Zero. In sezione si parlava spesso di questo famoso teatro e de era descritto come un luogo magico e pieno di polvere. Un giorno come tutti gli altri stavo aspettando che aprissero la palestra seduto sulle scale di una rampa qualsiasi del Beccaria quando incontrai Beppe Scutellà. Mi colpì subito il suo entusiasmo e la sua capacità di “tirare in mezzo”. Mi disse che c’era un teatro e io volevo esplorare questo mondo magico pieno di polvere. Tornai in sezione e chiesi ai “veterani” cosa pensassero del teatro e capii subito che non si trattava delle solite menate sulla rieducazione o sulle relazioni o sulla gestione della rabbia.

Il giorno successivo scesi di buon mattino e con grande entusiasmo mi diressi in teatro con i veterani. Era un posto nuovo. Non avevo mai visto un posto così tranquillo in carcere. Era un luogo lontanissimo dal solito tran-tran delle sezioni. In cuor mio decisi che avrei frequentato quel posto. Oltre all’altezza e alla profondità di quel luogo ciò che ho nitido stampato nella mia mente è il cielo, un telo bianco immenso e per me quel cielo è la finestra sul mondo e oltre. A parte questi sottili pensieri, altezze, latitudini e profondità adesso toccava alla polvere e ce n’era tanta. Praticamente il teatro era in fase di restauro e Lisa Manzoni (la compagna di Beppe e timoniera della brigata Punto Zero) era riuscita a recuperare un centinaio di poltrone vere (proprio come quelle del teatro) ed erano rosse molto rosse e piene di polvere. Pesavano tanto (mai come le chiacchiere dell’educatrice) e il nostro obbiettivo era quello di ripulirle maniacalmente e renderle operative al più presto possibile. Qui nasce la missione “teatro” quindi iniziamo con l’aspirapolvere, batti panni, sgrassatore, spugne, tutto quello che serviva per portare al termine la missione. Si lavorava tanto. Fino a notte fonda. Quando tornavo in cella le sbarre non c’erano più, la cella era un letto e nella mia mente non c’era spazio per cose superflue (dinamiche anche spiacevoli di sezione). Queste sono le cose che porto con me. È un bagaglio piccolo. Piccolissimo.

RIEDUCAZIONE (ART. 27)
In questi anni ho sentito diverse volte persone (non detenute) sfoggiare parole come “rieducazione” e citare articoli della costituzione. Se non avessi sperimentato la “casanza” non ci vedrei nulla di male in queste citazioni così “altolocate”. Io personalmente penso che l’ipocrisia si possa toccare con mano. Secondo la legge un internato è innocente fino al terzo grado di giudizio e questa è cosa buona e giusta. Purtroppo ho visto molti innocenti divenire salme. Ma in confronto a quello che sta accadendo nel mondo queste sono bazzecole. Io non riesco a capire come può un uomo dotato di intelletto rinchiudere un essere umano in una cella e pretendere di educarlo. Questa è per me un’idea primitiva o una sistematica tortura atta a soddisfare impulsi sadici. Purtroppo dopo alcune vicissitudini avvenute in un altro carcere sono stato trasferito a Como. Sono in quarta sezione (ex art.32) da ormai dieci mesi. Qui la vita è molto spenta. Si rimane chiusi in cella venti ore su ventiquattro. Potrai pensare che almeno quattro ore possiamo stare aperti. È vero. Possiamo.

L’esposizione costante ai rumori
In questa sezione si urla molto in qualsiasi ora del giorno e della notte. Si consuma una smodata quantità di alcool e psicofarmaci. Nessuno te lo dirà mai. Te lo dico io. La noia è una cattiva compagnai qui dentro. Per ammazzarla (la noia) si ricorre ad antiche pratiche (nulla di erotico o qualcosa che abbia a che fare con sessualità e affettività) che sono: sniffare gli psicofarmaci, bere fino a diventare violenti e inalare il gas fino a perdere coscienza.


FRANCESCO COSTANZO ha trascorso un terzo della sua esistenza in minorili e carceri per adulti. Ha imparato la grammatica italiana, l’inglese, il tedesco e un poco di russo. Ama la libertà e non sopporta le ingiustizie. Sogna di fare presto un tuffo nel fiume Trebbia.

L’IPOCRISIA DEL CARCERE, edito nel 2024 da Sensibili alle foglie, è stato pubblicato col contributo de La Terra Trema.
Chi volesse ricevere una o più copie può scrivere a info@laterratrema.org

I proventi delle copie vendute attraverso questo canale andranno interamente a Francesco, tutt’oggi recluso.

Last modified: 1 Ago 2024

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