PRIMA CHE ANCORA
di Caterpillar
troppo di troppo
vedo anche senza vedere
vedo anche quello che non si deve vedere
gli assassini che ci difendono dagli assassinii
i macellai che ci proteggono dalle macellazioni
quanti ne vedo sulle etichette dei surgelati
sui guanti di cellophane del reparto ortofrutta
sui manuali delle istruzioni
nei listini delle eccellenze
tra le sbarre dei cancelli automatici
nei circuiti chiusi delle telecamere
negli schianti delle demolizioni controllate
quanti ne vedo offrire la garanzia come minaccia
la scadenza come scusa
la filantropia come penitenza
la libertà come ricompensa
come se niente fosse
[…]troppa italia sarchiata
melone giallo campo di pece
schiuma di argilla
sbracata nel puzzo delle paludi strozzate dalla peste
nei cementi a prova di sisma
negli istituti di pena
negli androni gremiti di sceriffi
nei sotterranei dei grattacieli
stipati di carogne
troppa italia braccata dai consigli alla clientela
divorata dalle cancrene e dalle dipendenze
asfissiata dalle scorciatoie decimata dalle compiacenze
riversa nei ferragosti e sotto i ponti dell’immacolata
persuasa a procurarsi da sola l’energia sufficiente
per procurarsi da sola una morte sufficiente
al crepuscolo delle cucine ronzanti di notiziari
e vite in diretta
i famigli siedono al loro posto designato
spolpati da mutue torture
consumate senza scopo
dove siete
dove siamo
dove la luna non esiste
tra sbuffi di intonaci e asfalti sventrati
le città vengono sbriciolate
una ad una
assediate dalla prosa e dalle muraglie di filo spinato
inondate di zucchero cherosene e passaporti
una ad una
le città vengono lasciate a marcire
impestate da diorami di aiuole e cose morte
sbattute come polpi contro il sasso
finché il loro sangue non canti
la lingua sovrumana dei depliant
e nel tripudio che accompagna la morte
non rimangono ragazzini a guarirci da niente
neanche dai calci degli uragani
ma come tonni sospinti nelle camere delle tonnare
esultiamo di gioia
volando tra un arpione e l’altro
felici che ci si dia un poco di attenzione
qui si aspetta per aspettare
così
per aspettare
l’attesa è uno stile di vita
il differimento uno stile di morte
qui si dimenticano promesse un tanto alla volta
affidando le speranze a una busta di mais
e ogni cicatrice seppellita
è una tessera per l’imperituro bricolage dell’esistere
intere notti passate a cercare nel buio
tracce di fuochi artificiali
le spire di luce che appaiono e scompaiono come lutti
dio c’è venite a prenderlo
e le sere del dì di festa passate a fissare da lontano
le vetrine spente
ognuno nella sua camera di contenzione
mentre i frigoriferi parlano con gli aspirapolvere
gli aspirapolvere parlano con i televisori
i televisori parlano con le lavatrici
le lavatrici parlano con gli scaldabagni
e noi parliamo da soli
con una lastra luminosa di policarbonato
persino lo squallore ha valore di mercato
in questo cimitero di riflessi condizionati
e coazioni a ripetere
qui fino a ieri non c’era niente
e ora sembra dubai
e poi
i santi accartocciati nei sottopassi
i navigatori che trasmigrano da una lotteria all’altra
gli eroi che innaffiano cespugli di inferriate
i poeti che si leccano i baffi
nelle sale d’aspetto del mondo
gli artisti fermi ai totem eliminacode
con la lingua tra le gambe
i profeti nei bar aziendali che addentano tramezzini
a distanza di sicurezza
in una tombola di autostrade
bonificate dalle lapidi degli schiantati
in un tanfo di ristoranti e tubi di scappamento
vedo brillare un trionfo di disfatte quotidiane
parcheggi a pagamento acquedotti prosciugati
al ritmo di martelli pneumatici bonifici parlanti
e liste di proscrizione
e non c’è più nessuno che ritorni a sporcare
[…]statistiche alla carne
carne alle statistiche
i semi ghiacciati
le cartoline incenerite
i giaguari dilaniati ai monti azzurri
finire gli uni sugli altri
gli uni contro gli altri
come fiumi di perle tuffati da un crepaccio
la guerra è la forma della pace
la guerra è la forma della storia
mentre l’orto-cloro-benzal-malonitrile fa il suo dovere
su candide spiagge spianate e riverniciate a giorno
avanziamo mischiando l’utile al dilettevole
il creato all’increato
infiliamo gioielli nei sarcofaghi dei defunti
aspettiamo sui tetti che il fango ritorni sui suoi passi
***
Caterpillar è un agitatore culturale, un poeta e uomo di scena, nato nel 1972 a Roma. Da anni porta in giro i suoi monologhi, i suoi spettacoli, le sue performance. La scrittura di Caterpillar è fluviale, intensa, al lucido servizio di una ragionata fantasia, frenetica, lirica, irata. I suoi scritti snudano le logiche d’inganno con cui il Potere irretisce la libertà delle esistenze, torcendone l’aspirazione e addirittura il sogno. La sua lente intenzionale e prospettica è puntata sullo sfruttamento del vivente da parte di pochissime persone, sulla struttura di controllo che tale disequilibrio deve necessariamente proteggere, sul presente colonizzato, sull’assurdità della vita mercificata, sul Capo che ormai è anche in noi. Le sue rocambolesche invettive incitano alla diserzione dai progetti di un’umanità irreversibilmente soggiogata, addomesticata e acquiescente. Dopo avervi già proposto alcuni suoi versi espunti da “Il Capo” (Sem Plumas, 2021), vi proponiamo un piccolo estratto da “Prima che ancora (e altri versi)” pubblicato a febbraio per Nautilus.
Da L’Almanacco de La Terra Trema. Vini, cibi, cultura materiale n. 27
16 pagine | 24x34cm | Carta cyclus offset riciclata gr 100 | 2 colori
Per ricevere e sostenere questa pubblicazione: info@laterratrema.org
Crediti immagine: Bestia custode della tomba, Cina V-VI secolo. Da MET
Last modified: 9 Ott 2024