AI MARGINI DI QUESTO PAESE
Dagli Appennini alle Alpi (passando per le periferie delle metropoli) sfide epocali sono in corso
Testo di Paolo Bellati
Illustrazioni di William Trost Richards
Nel corso dell’ultima edizione de La Terra Trema – Fiera Feroce abbiamo organizzato un incontro per ragionare collettivamente su un filo rosso che accomuna montagne, province e periferie. Da sempre abitiamo e frequentiamo questi territori. Sollecitazioni e scambi ricevuti nei mesi a precedere ci hanno portato a iniziare la “tre giorni” da qui: raccogliere il punto di vista, molteplice, di chi in questi territori vive, lavora, lotta.
L’incontro di venerdì 25 novembre ha rispettato le aspettative, molta materia è stata messa sul piatto e condivisa.
Qui vorremmo continuare a mettere a fuoco le questioni emerse.
Ai margini di questo paese con La Terra Trema siamo entrati in relazione con centinaia di specificità territoriali e produttive sia storiche che nuovissime. Si tratta di centinaia di persone che hanno scelto di restare, di tornare o di arrivare per costruire e intraprendere nuove forme di vita. Di realtà, esperienze e pratiche in crescita.
In questi ultimi anni istituzioni e amministratori dello Stato, giornalisti, accademici, università hanno preso a occuparsi di quelle che hanno definito “aree interne”, “aree marginali”, “terre alte”. Con l’inizio della pandemia di Covid 19 l’interesse per queste aree è esponenzialmente aumentato. L’interesse giornalistico legato a cronaca e costume è cresciuto, l’interesse della ricerca sociologica, antropologica e urbanistica è cresciuto e soprattutto gli interessi economici pubblici e privati per questi territori sono cresciuti.
La Strategia Nazionale per le Aree Interne (SNAI) prende il via nel 2013: una politica promossa dall’Agenzia per la coesione territoriale e dall’allora ministro per la coesione territoriale Fabrizio Barca che mira alla riattivazione delle aree e municipalità remote del Paese. Il documento propone una classificazione dei comuni in base alla distanza dai servizi pubblici considerati essenziali e successivamente suggerisce una serie di azioni e politiche attive per contrastare, o quanto meno mitigare, i fenomeni di declino demografico e marginalizzazione territoriale. La maggior parte delle aree interne si concentra nei territori alpini e appenninici, presentano un significativo spopolamento e una mancanza di servizi base per i cittadini (sanità, istruzione, mobilità), ma al contempo possiedono una disponibilità elevata d’importanti risorse ambientali (risorse idriche, sistemi agricoli, foreste, paesaggi naturali e umani) e culturali (beni archeologici, insediamenti storici, abbazie, piccoli musei, centri di mestiere).
(…) L’accordo di partenariato 2014-2020 prevedeva l’individuazione di una serie di aree pilota in cui sperimentare la strategia attraverso l’attivazione di fondi pubblici, europei e da partenariati pubblico-privati. Successivamente il comitato tecnico per le aree interne ha individuato 72 aree pilota tenendo in considerazione le peculiarità dei territori e sulla base di parametri e indicatori, quali la situazione demografica, le condizioni sociali ed economiche, l’accessibilità ai servizi e le forme di governance dei comuni. Gli interventi prevedono infine la convergenza delle azioni di tutti i livelli di governo: Stato centrale, Regioni e Comuni specialmente in forma associata1.
Quanto accaduto nell’ultimo biennio la dice lunga.
Nel 2022 all’interno del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR2) sono stati presentati i progetti per il rilancio di 250 borghi, due linee di azione con 420 milioni di euro a 21 borghi individuati da Regioni e Province autonome e 580 milioni di euro ad almeno 229 borghi selezionati tramite avviso pubblico rivolto ai comuni3.
A fine 2021 via libera anche allo stanziamento di 32 milioni di euro da parte di TELT a opere compensative in Val di Susa per la realizzazione della nuova linea ferroviaria Torino-Lione. Le opere, finanziate dall’azienda appaltatrice del TAV, in diversi comuni della Valle, riguardano interventi di sviluppo e incentivazione delle attività economiche, connettività materiale e info-telematica, contributi digitali contro l’abbandono della montagna e del territorio agricolo, risparmio energetico e fonti rinnovabili, salvaguardia, riqualificazione e messa in sicurezza del territorio4.
Tre progettualità rappresentative. Nella sostanza si tratta di tanti soldi accompagnati da altrettante narrazioni sostitutive, parole e concetti che sembrano dire una cosa ma che in realtà celano ben altre intenzioni, che giustificano l’investimento e l’intervento più che raccontarci le cose come stanno veramente o dove si vuole arrivare.
L’amministrazione pubblica costruisce dunque su questi territori un’idea di intervento calata dall’alto, burocratizza i processi, i passaggi, le azioni e gli attori per poi effettuare interventi e investimenti a uso e consumo degli interessi dei soli investitori, producendo vantaggi per alcune fasce imprenditoriali magari anche locali (ma magari anche no) e per qualche folcloristico “hipster” del ceto medio benestante che dalla metropoli ha deciso di “trasferirsi” (pretendendo e importando uno stile di vita metropolitano). Tutto questo non produce vantaggi per tutti gli abitanti di quei territori. Anzi, questi processi d’intervento nell’immediato futuro danno il via a uno sconvolgimento esponenziale dei contesti naturali, culturali e antropici. Il “Bando borghi” ne è un esempio emblematico. Si è costruito un marketing, con l’ausilio di esperti e la complicità di certa letteratura e informazione, promuovendo l’idea elitaria e bucolica di una vita a misura d’uomo, “slow”, sana ed ecologica supportata dalla tecnologia digitale. Una complessità territoriale come quella italiana, costituita da una miriade di paesi, province, frazioni, ridotta all’idea di “Borgo”, un oggetto finto, stereotipato, fondato su caratteristiche territoriali e materiali assai distanti dalla realtà dei luoghi cui pure si vorrebbe rivolgere (…) un luogo senza contesto, senza abitanti, senza relazioni umane. Alla richiesta diffusa di bisogni specifici di infrastrutture e servizi si risponde con la salvifica e tossica turistificazione, localizzata in qualche manciata di siti, attraverso un bando. Un miliardo di euro del PNRR cadrà su pochi “borghi” con l’idea di “salvarli e rilanciarli” solo e soltanto in chiave turistica, ad uso e consumo della borghesia metropolitana o per un ceto medio orfano della seconda casa. Questo processo è ben raccontato e decostruito dagli interventi circostanziati di studiosi e accademici nel libro “Contro i borghi. Il bel paese che dimentica i paesi” edito da Donzelli nel 2022.
Ancora più emblematiche sono le ricattatorie compensazioni di TELT in Val di Susa. La stessa società che dovrebbe realizzare la “Torino-Lione” vorrebbe finanziare alcune opere nei territori della valle come risarcimento e mitigazione per i danni che la realizzazione di questa nuova linea del TAV comporta e comporterà. Le opere, come detto sopra, riguarderebbero molteplici interventi: dalla messa in sicurezza dal rischio idrogeologico, alla riqualificazione dei sentieri, alla realizzazione di strade di servizio, parcheggi, impianti a biomassa e fotovoltaici, allacciamenti alle reti gas metano, per arrivare al fantomatico divisivo “progetto vigne” a Chiomonte. Quest’ultimo offrirebbe due milioni e mezzo di euro per progettare e realizzare dieci, forse venti, ettari di vigne meccanizzabili, dopo aver distrutto una storia vitivinicola secolare, rimosso le sue terrazze centenarie e stravolto le modalità e i rapporti di produzione e sociali consolidati con un territorio in lotta, per poi assegnarli alle aziende che vorranno partecipare ad aste surreali.
Una logica estorsiva e criminale dello Stato che per provare a piegare una comunità in lotta arriva a dire senza tanti giri di parole “accetta il TAV o muori”. Una delle basi di partenza del processo è soffocare economicamente il territorio coinvolto dalle operazioni cercando di renderlo dipendente ed attratto dalle operazioni progettate dai colonizzatori. Il caso Bussoleno ne è un chiaro esempio. Qui arriviamo addirittura alla perversione pura, collegando la protezione da un rischio conclamato per la vita umana ai fondi TAV5.
Questi finanziamenti compensativi ricattatori hanno un doppio scopo: far accettare a un territorio una grande opera che non vuole e cancellare delle reti produttive, di scambio e di consumo e delle forme di vita altre e autonome nate e cresciute dentro la mobilitazione “No Tav”.
Non possiamo fare a meno di pensare al lavoro fatto da molte realtà che condensano insieme pratiche rurali, politiche e di vita in una Val di Susa sotto attacco da questi dispositivi politici, sociali e economici. Una di queste è sicuramente Granja Farm, “Roncola d’Oro 2022”, che ha recuperato – con un enorme lavoro – una trentina di piccoli vigneti abbandonati tra i settecento e mille metri s.l.m. (spesso affidati loro da anziani del luogo) valorizzando un patrimonio vitivinicolo unico, innovandolo con pratiche agricole rispettose dell’ambiente naturale e con modalità produttive in cantina nuove per questo territorio. Un lavoro che ha contribuito enormemente a mettere la dovuta attenzione in Italia, e non solo, alla produzione vitivinicola valsusina, dimostrando una strada percorribile anche ad altri produttori locali. Granja Farm non è solo dedita alla viticoltura, ma pratica anche apicoltura, produce succo di mele, coltiva ortaggi, frutta, ha un allevamento di capre, fa formaggi, pollame, è – soprattutto – una realtà collettiva autogestita, fuori da bandi, finanziamenti e istituzioni, nata e cresciuta dentro e al fianco del movimento “No Tav”; una realtà che ha saputo sviluppare reti di scambio, amicizie, economie, filiere di qualità, confronti in tutto il paese, attraversando soprattutto le progettualità, gli eventi, i mercati agricoli e le fiere organizzate negli spazi sociali occupati e autogestiti metropolitani.
Processi come “La Strategia Nazionale per le Aree Interne”, il “Bando Borghi”, i soldi del PNRR e i finanziamenti di TELT sono dispositivi pubblici e privati che non contemplano, anzi vanno proprio a sostituire, le reti sociali esistenti, le realtà autonome e conflittuali che immaginano e costruiscono, con le loro pratiche, un modo diverso di vivere porzioni di territorio.
Sono processi di colonizzazione funzionali al sistema socio-economico dominante, molto simili a quelli messi in atto nelle città con la gentrificazione di interi quartieri popolari che vengono puntualmente stravolti urbanisticamente e socialmente, nei quali cambia profondamente la natura dei luoghi, i prezzi degli immobili aumentano e gli abitanti vengono espulsi dai propri contesti di vita per essere sostituiti da altri abitanti più abbienti e da turisti.
Le relazioni quotidiane, le relazioni mutualistiche e solidali vengono sostituite da rapporti socio-economici speculativi. Le parole usate per giustificare queste colonizzazioni sono: riqualificazione e rigenerazione. Qui sarebbe interessante approfondire come capiti spesso che associazionismo e privato sociale diventino funzionali e testa di ponte di questi processi: la nascita e l’affermarsi di spazi che accolgono una produzione e fruizione culturale e del loisir alternativa, esotica e etnica o addirittura legata anche ai centri sociali (che una volta espletata la loro funzione di “startup” vengono pure sgomberati per essere sostituiti da locali e associazionismo), o alla cosiddetta street art e dei graffiti, non a caso ormai commissionati anche da associazioni, enti pubblici e fondazioni.
Montagne, province e periferie sono quindi luoghi di grandi possibilità e di grandi contraddizioni. Sono luoghi dove la mancanza di servizi e produzioni inducono abbandono e spopolamento, ma sono anche territori che generano fascinazione, alimentano immaginari e permettono di costruire nuove forme di vita, a differenza di metropoli sempre più invivibili, soprattutto per chi non possiede risorse economiche
Nel corso dell’incontro a La Terra Trema 2022 è emerso un parallelismo interessante.
Le persone che vivono questi territori remoti e marginalizzati sviluppano spesso delle proposte alternative rispetto alle trasformazioni dei territori stessi ma anche dal punto di vista culturale, di innovazione sociale e politica, che sono paragonabili come forza creativa a quella che trenta, quaranta anni fa, si sviluppava in altri luoghi marginali, periferici o periferizzati all’interno delle metropoli. Nei centri sociali occupati e autogestiti si trovava una dimensione di creatività, immaginario e conflitto che nel centro della città, della Milano da bere o quant’altro, non si voleva e non si poteva trovare. Oggi nelle “aree interne”, grazie anche a una diversa rarefazione sociale, a dinamiche critiche, a nuovi immaginari, a una maggiore disponibilità di spazio e di risorse ambientali, si danno luogo a processi innovativi incredibili come quelli che trenta e quarant’anni fa si sono sviluppati nelle aree dismesse delle grandi città e delle loro periferie. Rimanere, tornare e arrivare in questi territori per una migliore qualità della vita, per delle relazioni che si possono gestire, per alimentare e costruire degli spazi di innovazione e autonomi e dove la vita costa meno. Così come si cercava di tenere insieme sogni e bisogni nella riappropriazione di aree industriali dismesse. C’è un enorme potenziale nel rimanere attivi negli spazi e nei territori che si vivono, nel tenere insieme dei sogni e delle aspirazioni ideali con dei bisogni e dei dati materiali. Un enorme potenziale che rischia però di essere sussunto6.
Nelle aree periferiche esistono spesso condizioni socio-ambientali migliori dove costruire spazi di autonomia e conflitto. Territori contesi ai tentativi di soggetti pubblici e privati di messa a rendita, accaparramento e sfruttamento delle risorse. Luoghi in cui si gioca una sfida epocale.
Le terre “alte”, ”interne” e “marginalizzate” fino a poco tempo fa potevano essere considerate e rappresentate come residuali per il sistema produttivo capitalista, che si era concentrato nelle metropoli, oggi sono invece fondamentali per quanto concerne la disponibilità di risorse di cui ha bisogno questo sistema economico e la società. La produzione energetica si fa e si può fare in questi territori, gran parte delle risorse materiali per la nostra sussistenza viene da lì, per non parlare della disponibilità, in alcuni casi, addirittura di terre rare. Quelle che sono oggi ancora in parte trattate come aree marginali in tempi ragionevolmente brevi entreranno in una centrifuga in cui il bando borghi è la cosa minore, perché gli interessi di sfruttamento saranno enormi. Pensiamo anche solo alla questione climatica e ad esempio all’innalzamento delle temperature: molte persone vogliono spostarsi nei territori montani già oggi, e sempre di più accadrà nei prossimi cinque-dieci anni (se economicamente se lo potranno permettere!), per alcuni mesi all’anno, a partire da anziani, persone con patologie respiratorie, bambini…per non dover letteralmente morire di caldo e inquinamento nelle aree metropolitane. Territori che quindi sono, e lo saranno sempre più, oggetto di contese e conflitti7.
Si torna sempre lì. Difendere i territori, costruire e attraversare conflitto, autonomia, indipendenza, autogestione sono le uniche strade percorribili per resistere e opporsi a tutto ciò che di nocivo il sistema sociale, economico e politico capitalista continua a produrre. Oggi la catastrofe è inevitabile e l’unico modo per attraversarla è avere relazioni forti, solidali e di complicità. È avere spazi dove si sviluppano pratiche radicali e indipendenti dall’impianto istituzionale, dove si riconoscono i diritti e si lavora sull’eliminazione delle differenze sociali e di classe. Fuori dai finanziamenti/ricatti pubblici e privati. Oggi il capitalismo si è fatto cibernetico, un buon modo di resistere e opporsi a esso è coltivare e alimentare delle relazioni in presenza e materiali. La cultura materiale e le pratiche agricole (di sussistenza e di scambio) in questo paradigma catastrofico diventano degli strumenti fondamentali. Le cosiddette “aree interne”, montagne, campagne, province, periferie sono i luoghi dove giocare queste sfide. Per questo è importante parlarne, confrontarsi e indagare quello che in questi luoghi sta succedendo. Per dare forza a queste sfide.
Una trasformazione radicale della società, se è possibile, e credo profondamente che lo sia, potrà essere operata soltanto da individui che vogliono la loro autonomia, su scala sociale come a livello individuale. Di conseguenza, lavorare a preservare e ad ampliare le possibilità di autonomia e di azione autonoma, così come lavorare per favorire la formazione di individui che aspirano alla autonomia e per accrescerne il numero, è già fare opera politica: un’opera i cui effetti sono più importanti e durevoli di certe forme di agitazione sterile e superficiale (Cornelius Castoriadis “ La rivoluzione democratica”, elèuthera 2022).
1) it.wikipedia.org/wiki/Strategia_nazionale_per_le_aree_interne
2) governo.it/sites/governo.it/files/PNRR_0.pdf
3) cultura.gov.it/pnrr-borghi
4) telt.eu/it/32-milioni-euro-territori-opere-tutela-ambientale-sociale/
5) notav.info/post/bussoleno-e-le-compensazioni-tav-un-esempio-attuale-di-colonizzazione-interna
6) laterratrema.org/fiera/la-terra-trema-2022/programma-2022/dagli-appennini-alle-alpi-passando-dai-margini-delle-metropoli
7) Ibidem.
Crediti immagini: William Trost Richards, Mountain Sketch. From MET
Da L’Almanacco de La Terra Trema. Vini, cibi, cultura materiale n. 27
16 pagine | 24x34cm | Carta cyclus offset riciclata gr 100 | 2 colori
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Last modified: 27 Feb 2023