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Resistere alla costruzione di una linea ferroviaria ad alta velocità che collega Londra a Manchester. Costruendo nuove relazioni, un nuovo “spirito” e un futuro diverso.

Testo di Stefano Ghidetti
Fotografie: Lupa e Skye (per New Mythology, bimestrale su storie di solidarietà e resistenza)
hs2rebellion.earth

La filosofia contemporanea mostra interesse particolare per quello che viene definito “vissuto interiore”, ma proprio questo termine, “interiore”, posto in relazione con qualcosa o qualcuno di “esteriore”, compone un ragionare circolare in cui nulla di nuovo compare alla vista. Recenti studi si ripropongono dunque di tracciare i limiti di questa esteriorità, se è vero che c’è una realtà esterna, perché non costruirne mappature, flebili etnografie? Lo spirito d’inchiesta dell’essere umano è dunque arrivato a voler prevedere quello che è realtà: nel carattere del termine “vissuto”, con questo participio che indica una linearità temporale, forse quello che noi percepiamo come “esterno” semplicemente avviene in un tempo diverso dal proprio presente. Benvenuti così nell’era della complessità multifattoriale, nell’epoca che sta ridisegnando il mondo interpretandolo statisticamente. In questa contemporaneità pare che l’ingenuità davanti al caso sia affare per infanti e alienati: preparatevi a prospettive fortuite e incredibili.

Aprile 2021. Ospitato a Londra nella parte Sud del Tamigi, tra quartieri di case di epoca vittoriana, mai avrei pensato di incrociare i miei passi con Lúpa, donna delle foreste trasferitasi in Inghilterra dal 2012. Incontratisi per caso presso il pub del tricheco grasso, la conversazione è passata velocemente al cuore di quello che è il cruccio suo: resistere alla costruzione di una linea ferroviaria (HS2) ad alta velocità che collega Londra a Manchester. Nell’approfondire viene delineato un mondo di grandi opere tanto inutili quanto necessarie ai simbolismi della nostra contemporaneità: poco importa che nel lungo tratto il tempo risparmiato nel rinnovato percorso equivale a una manciata di minuti, poco importa che per tracciarne le fondamenta vengono sradicati interi tratti boschivi, reindirizzato il corso del fiume, e poco importa se lungo la via si devono espropriare terreni abitati: tutto è sacrificabile nel momento in cui “l’esterno” è percepito come materia pronta al consumo, anche i vissuti dell’altro diventano foucaultianamente oggetti qualsiasi da poter mettere da parte se è uno studio statistico a dire che i guadagni sono più delle perdite.

L’alta velocità di cui stiamo parlando viene progettata a rinforzo della linea ferroviaria installata sotto la Manica in collegamento con la Francia inaugurata nel 2000, l’infrastruttura unirebbe quelli che sono considerati i grandi poli industriali intorno a Londra con la capitale. Alcuni dati per intendere il rifiuto di molti: il dipartimento dei Trasporti aveva previsto una spesa intorno ai 16 miliardi e data conclusiva dei lavori 2020, calcolo al ribasso, essendo che a oggi, a opera non conclusa, la spesa è stata di 98 miliardi effettivi e un ritardo ormai più che imbarazzante (quello che sembrava il margine di guadagno è diventato una spesa incalcolabile: ogni cittadino ha pagato, per ora, circa 6000 sterline a testa). Le spese sono arrivate a un punto che anche movimenti della politica istituzionale hanno preso posizione oppositiva: I Verdi (GPEW), gli Indipendentisti (UKIP), i partiti di destra Reform UK (ex Brexit Party) e Heritage Party. Dal punto di vista politico è curioso come anche forze thatcheriste per tradizione politica, nell’ottica dell’antieuropeismo, si oppongano a progetti considerati utili solo al continente. Non è facile lottare al fianco di megafoni politici che parlano da una destra il cui obbiettivo è rifare gli appalti, mica estinguerli; ma ancor più problematico l’appoggio dei Verdi, se si considera che proprio l’esponente di questo partito, inizialmente, si era detto favorevole al progetto perché risultava una maggiore efficienza del sistema ferroviario nazionale; ma la vera sconfitta sono i Non Disclosure Agreement, accordi di riservatezza fatti siglare agli sfollati con la falsa promessa di ottenere rimborsi completi e celeri da parte dello Stato: è stato distrutto un ammontare di qualche centinaio di edifici a scopo abitativo, sono avvenuti anche dei suicidi tra gli sfrattati, ma al momento dell’accaduto, firmati gli accordi di non divulgazione, non resta che piangere imbavagliati di false promesse. Quest’ultimo dettaglio legislativo gioca, di fatto, su quelle che vengono chiamate asimmetrie informative in economia, patti siglati in assenza di un terzo a fare da garante degli atti e dunque basati sulla reciproca fiducia, ma chiaramente composti da due soggetti che hanno possibilità molto diverse di ottenere informazioni intorno a ciò di cui si sta per firmare: numerose voci hanno mostrato come non esista mai parità contrattuale nelle relazioni che riguardano i singoli cittadini davanti a qualsiasi compagnia – che sia una banca, una multinazionale, lo Stato stesso.

La resistenza boschiva nasce nel 2009, essa consiste in una comunità che si organizza per vivere sugli alberi creando così un ostacolo al loro abbattimento e all’avanzare dei lavori, Lúpa ha aiutato con le sue mani a costruire vari moduli sugli alberi in cui risiedeva prima dello sfratto, ci sono voluti diversi mesi per completare il nucleo. Parrebbe una scelta piena di poesia, ma essere in prima linea ha i suoi risvolti logoranti: “Sono tre mesi che non stavo più bene, dopo aver dedicato anima e corpo ero esausta, anche con la casa ero comunque in condizione di deprivazione: una impresa costante contro la gravità. La precarietà mi aveva assorbito al punto da diventare un’ossessione” mi confida quasi con rabbia, perché anche cercare di resistere diventa una condizione d’abusato, dove la condizione del senza dimora si inasprisce al punto da far perdere il senso dell’azione collettiva. “Io sono un’artista, me lo sono ripetuta più volte, anche quando mi sembrava di non farcela, è così, con grande speranza, che con altre ragazze abbiamo deciso di ricostruire il fronte, ma cercando nuove forme di relazione tra i membri, che facciano emergere le qualità di tutti, dando così nuova linfa vitale al manipolo. La convinzione è che l’arte sia lo strumento al momento ancora rimasto inutilizzato e per far conoscere la resistenza e per fare resistenza vera e propria”. Da questa rinnovata consapevolezza, allora, l’arte diventa essa stessa il progetto. 

“La voce più pura e diretta per comunicare al cuore della gente” quando Lúpa deve descrivere cosa è per lei arte, quasi fatica paradossalmente a trovare le parole, perché come si può spiegare davvero quel senso di vicinanza che un racconto crea nel pubblico che lo ascolta? Alla fine del mese tra il 26 giugno e il 3 luglio 2021 con un furgone di nome Rhonda farà tappa nei paesi che verranno attraversati dalla futura linea d’alta velocità a raccontare, con gli altri, del proprio vissuto a chi quei luoghi li vive nella monotonia, quel senso di monotonia che ti rende apatico davanti ai paesaggi che diventano non-luoghi espropriabili – dall’esperienza di Lúpa capiamo che non è soltanto una questione di diventare o sentirsi proprietari di una abitazione essendone i costruttori, ma l’affezione a un luogo sono tanti fattori: la possibilità dell’alternanza del riposo e del lavoro, la possibilità di vivere la comunità secondo specifiche inclinazioni e, ultima scommessa, affezionarsi a un luogo dipende anche dal come ci si relaziona al luogo stesso. Forte di esperienze maturate nella costituzione di ambienti immersivi attraverso musica e scenografie con il collettivo Undergrowth, Lúpa è decisa a creare un tessuto relazionale forte con la comunità di paesani intorno alle terre di contesa, introducendo anche artisti locali in solidarietà alla questione. Durante questo cammino a tappe (Truth Trail) l’arte diventa occasione per farsi conoscere e per barattare beni di prima necessità come cibo e bevande: la vita sulle palafitte non è una vita di autosussistenza e avere il contatto con una comunità intorno è fondamentale. Quello che verrà messo in scena sarà dunque l’epopea della resistenza, il mito dell’ecosistema distrutto dalla macchina: “un inno contro la brutalizzazione. Ci aspetterà un cammino pieno di imprevisti in cui l’arte diventa uno strumento politico; “per me” dice “è anche l’inizio di un percorso che vuole ridare la voce a tanti artisti attivisti, che proprio per l’attività politica hanno dovuto accettare di rinunciare all’espressività, e non è giusto: l’arte è un linguaggio e tutti devono poter parlare la propria lingua, poter nutrire di storie l’aria dei luoghi che abitano”.

Arte come trasformare il transumanare in organizzare, ossia come ordinare sia all’interno sia all’esterno delle cose, un ordine chiaramente precario e fittizio, fatto più da cose unite per analogie sghembe che non da comandamenti, arte come un virare la tendenza nell’intimità, passando da una tendenza narcisistica, farsi spazio nel mondo, a una tendenza socialistica, trovare spazio nel mondo, passando cioè da una resistenza di barricate a una resistenza capillare e diffusa nei dialoghi delle persone che hanno sentito la storia. C’è un passaggio molto lucido di Calvino in cui, parlando di resistenza in Italia nel secondo dopoguerra, fa un confronto tra i tempi di chi combatteva nelle montagne, logorato dalle attese, e chi combatteva nella città, logorato dall’impossibilità di requie: Lúpa e il manipolo contro HS2 vivono in una terra a metà dove, lontano da tutti, questi possono però venirti a trovare allungando una pagnotta e dell’acqua; dove, sedentari, non si ha alcuna possibilità di sostare davvero. 

Così, in una realtà dove ciò che viene percepito è un continuo contratto tra aspettative de iure e dati di fatto brutali, l’opacità di ciò che è reale, cioè condiviso a livello della comunità, ha raggiunto dei livelli tali che solo nuove forme di relazione possono rischiarare i soprusi a cui i cittadini delle Midlands sono stati assuefatti. Siamo invitati a un cambio di prospettiva radicale, accorgerci della mitopoiesi capitalista e di come abbia esiliato “l’esterno” come qualche cosa che, non cumulabile, non riguarda più l’”interno” dell’uomo comune, opporci poi alla tendenza e ritrovare un punto di equilibrio che è anche una prospettiva finalmente ecologica, dove non è sufficiente aver domesticato il fuoco per non temere più il rivoltarsi degli eventi naturali.

. Fadini, Gabriele, Pasolini con Lacan, 2015, Mimesis, Milano;

. Gilman-Opalsky, Richard; Shukaitis, Stevphen, Riotus Epistemology, 2019, Journal of Aesthetics & protest press, Colchester;

. Goffman, Ervin, La vita quotidiana come rappresentazione, 1969, Il Mulino, Bologna;

. Sartre, Jean Paul, L’immaginario, 2007, Einaudi, Torino;

. Staid, Andrea, Abitare illegale, 2017, Milieu edizioni, Milano;

. Viveiros de Castro, Eduardo, Metafisiche cannibali, 2017, Ombrecorte, Verona;

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Da L’Almanacco de La Terra Trema. Vini, cibi, cultura materiale n. 21
16 pagine | 24x34cm | Carta Nautilus Classic gr 100 | 2 colori

Last modified: 23 Ago 2021

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