Non vedere. Una condizione che non preclude la possibilità di farsi illuminare da sensazioni e percezioni, di trovare la luce nel assaporare con coscienza un olio d’oliva extravergine, ovviamente ben fatto. Una folgorazione a cui dovremmo aspirare tutti.
Di Antonio Giampietro
Fotografie di Laura M. Alemagna
Quando si pensa alla Puglia è inevitabile pensare all’ulivo, all’olio. Ritengo che l’albero dell’ulivo rappresenti al massimo l’identità culturale della nostra terra: se si considera, poi, che due grandi poeti contemporanei del barese gli abbiano dedicato, tra l’altro, il nome del primo romanzo, Luigi Fallacara Terra d’argento, e la prima raccolta di poesie, Lino Angiuli La parola, l’ulivo, non si hanno più dubbi nel reputare queste piante come lo specchio più autentico del nostro spirito. Non si tratta invero di un simbolo, sarebbe troppo riduttivo, ma di una vera e propria osmosi, una fusione magica, l’unione tra le nostre anime di pugliesi e quel vegetale che profuma di storia, quasi di eternità.
Con questo spirito mi sono avvicinato alla degustazione dell’olio extravergine di oliva. Non sapevo, in realtà, cosa fosse un olio extravergine di oliva, ora lo posso dire con certezza: io pensavo, anzi, ero sicuro di saper riconoscere un olio “buono” (che poi esiste un “olio buono”), ma mi sbagliavo. Questa è la prima e più vera ammissione di ignorante colpevole che voglio confessare e ora la espliciterò meglio. Quando Monica Oreste, una collega Dottoressa di Ricerca in Agraria venne, ormai nove anni fa, a parlarmi di un progetto da presentare per condurre i non vedenti a divenire degustatori professionisti di olio di oliva, spalancando così una nuova frontiera nell’ambito lavorativo per una categoria spesso costretta alla scelta quasi obbligata tra centralinista e fisioterapista, con rare eccezioni per l’insegnamento, io accettai con grande entusiasmo: amo le sfide, soprattutto quando possono essere importanti non solo per la mia crescita personale, ma per una contaminazione positiva della società.
All’epoca diedi una lettura al progetto e offrii i miei suggerimenti sia riguardo all’adattabilità del materiale didattico sia alla calibratura del corso, oltre a dirmi assolutamente disponibile a seguire in futuro tutto l’iter del progetto come parte attiva.
Poi i tempi della burocrazia, si sa, sono lunghi e così, solo nel maggio 2015, una telefonata di Monica ruppe l’ordinarietà di un anno dedicato all’insegnamento scolastico e al travaglio della ricerca universitaria: in tale telefonata mi comunicava che il progetto era stato finanziato e si poteva partire!
Naturalmente tutti felicissimi ci mettemmo all’opera e organizzammo, in tempi rapidissimi e con non pochi problemi burocratici per riaggiornare il progetto, due corsi in cui sono stati formati circa quaranta non vedenti pugliesi, permettendo a una ventina di questi di divenire, a seguito di una seconda fase di addestramento, assaggiatori professionisti.
Confesso che non avevo minimamente idea di come si assaggiasse un olio. Sapevo, dalle informazioni che mi dava Monica, che la vista non era necessaria, che anzi l’olio si degusta in bicchierini colorati proprio per evitare che il colore influenzi il giudizio degli assaggiatori, ma sinceramente non avevo proprio idea di come si procedesse. Ed è così che a gennaio del 2016 c’è stata, per me e per altri amici non vedenti baresi, l’iniziazione a questo mondo. Prima di tutto un corso per acquisire l’idoneità sensoriale. Ecco, proprio così, sensoriale: l’olio anzitutto ha un profumo, o meglio, l’olio extravergine di oliva ha un profumo. In gergo si dice fruttato: può essere verde o maturo. Era affascinante sentire gli odori sprigionati da quel bicchierino che stringevamo tra le mani per riscaldare il succo di oliva al suo interno. Un profumo intenso, verdissimo, come le foglie rugiadose del mattino, come l’erba freschissima di un prato inglese ben innaffiato, oppure maturo, come mela, banana. E poi le percezioni idiosincratiche – carciofo, ortaggi, floreale – che pian piano imparavamo, e tuttora ancora impariamo, a rintracciare nell’affascinante intensità di quel succo. Sì, nell’olio scoprivamo un mondo, scopriamo ogni volta un mondo, il mondo che questo prodotto magico della nostra terra riassume splendidamente.
Naturalmente non sono mancati gli assaggi di oli difettati: abbiamo così imparato a distinguere il riscaldo, l’avvinato, l’inacetito, e soprattutto quel terribile olezzo che dà la morchia, formaggi putrefatti che rovinano palato e olfatto. E poi i difetti che credevamo, da bambini, quando l’olio era conservato dai nostri nonni in latte misteriose, antichissime, quasi eterne, che fossero grandi pregi: lubrificante, acqua di vegetazione! E dunque scoprivamo che per anni ci avevano spacciato per extravergine ciò che era semplicemente lampante, olio che aveva, per la conservazione poco attenta, perso ogni qualità positiva.
Dopo gli odori, abbiamo scoperto anche i profondi sapori dell’olio: dopo l’analisi olfattiva, infatti, un degustatore professionista passa a quella gustativa. E, in questo secondo step, s’incappa in un’altra grande sorpresa per chi è profano della materia. Si scopre, infatti, che i due attributi positivi che devono essere presenti sono l’amaro e il piccante. Che scoperte emozionanti e stravolgenti, per noi che, sempre fedeli ai nostri nonni, eravamo abituati a un olio che doveva “sentirsi il meno possibile”, doveva essere “dolce”, al limite “pastoso” e assente!
Ovviamente queste due qualità positive, amaro e piccante, non devono essere eccessive e soprattutto devono coesistere in equilibrio. Ma che gustosa bontà assaggiare un olio con questa nuova consapevolezza.
Il mondo appena scoperto, mondo che avremmo imparato essere vastissimo e molto vario, perché avremmo appreso che ogni singolo olio ha la sua qualità, i suoi pregi, le sue caratteristiche e, a volte, i suoi difetti, poneva a noi degustatori agli albori i primi problemi: come fare, ormai, ad assaggiare un qualsiasi olio senza essere influenzati dalle conoscenze acquisite e dunque senza disgustarsi quando, per errore o per dolo, ci avessero servito un olio difettato rovinandoci il palato o, peggio, il pranzo? Ahimè, con queste sventure bisogna convivere, sempre però mettendo in gioco un grande buon senso e una calma olimpica: si può far tesoro della propria formazione e suggerire qualche correttivo a chi ci conducesse in tale tenebra del gusto.
Terminato il progetto e formati i primi degustatori d’olio extravergine d’oliva, certamente in Italia, ma pensiamo noi almeno in Europa, si è posto il problema di come continuare questa avventura, rendendo i non vedenti e gli ipovedenti formati protagonisti. È nata così, nel novembre del 2018, Talenti del gusto, un’associazione i cui partecipanti sono assaggiatori con disabilità visiva e le figure che ci avevano condotto a conoscere il mondo magico della spremuta di oliva, naturalmente vedenti, Monica, Silvia e Ferdinando. Si è trattato di un esperimento, direi io, di piena inclusione sociale, in quanto questo schema di interazione nell’associazione metteva tutti sullo stesso piano e ci rendeva coprotagonisti del futuro.
Il primo anno e mezzo di lavoro è stato entusiasmante.
Siamo stati coinvolti dall’amico Mimmo Lavacca, instancabile promotore di Olio di Famiglia, un concorso straordinario che dal basso coinvolge piccoli olivicoltori di tutta Italia, che poi sono lo scheletro portante del mondo della coltivazione dell’olivo, e li conduce a mettersi in gioco. All’interno di Olio di famiglia, i Talenti del Gusto fanno parte della giuria dello stesso, presieduta da Anna Neglia, e sono inoltre i promotori di quello che è divenuto il nostro progetto comune partecipando anche per due anni consecutivi al festival Oliofficina.
E poi tante iniziative, prima di tutto in Puglia, con Slow Food, per i quali abbiamo contribuito a costruire una guida degli oli della nostra terra, Euforica, associazione attivissima sul territorio con cui abbiamo realizzato un festival internazionale che parla di sapori e luce, La notte delle candele, l’ADOC, associazione dei consumatori, con cui abbiamo organizzato diverse degustazioni al buio.
Abbiamo intrapreso un cammino intenso che, purtroppo, come molte cose da un anno a questa parte, è stato limitato dal momento storico che stiamo vivendo, da questa terribile pandemia che per noi persone non vedenti e ipovedenti è ancor più distruttiva dal punto di vista sociale perché accentua l’isolamento, anche per la difficoltà nel percepire le distanze e verificare se chi abbiamo di fronte abbia la mascherina oppure no e poi, con il Braille, si legge con le mani.
Ma presto torneremo a riprendere quel cammino insieme che rappresenta non solo un percorso di crescita professionale e umana, ma anche un’opportunità per condurre sempre più persone alla conoscenza consapevole di questo mondo (consumo responsabile amiamo definirlo) e portare le persone con disabilità a pensare di costruire nuove strade lavorative.
Credo che scoprire il mondo dell’olio ci abbia aiutato ad essere più consapevoli di cosa sia una buona dieta e ci abbia condotti ancora più in profondità nella conoscenza della nostra terra. I profumi e i sapori della Puglia sono entrati ancora più a fondo nel nostro animo, facendoci sentire i veri colori della nostra regione.
Siamo felici di aver scoperto questo dolce e variegato universo che è l’olio e, non appena si potrà tornare a una vita più lineare, riprenderemo il nostro viaggio per condurre il numero maggiore possibile di persone a sentire ancor più forte il potere di un prodotto che accende tutti i sensi e che non ha bisogno della vista per far splendere di gioia gli occhi.
Antonio Giampietro
Da L’Almanacco de La Terra Trema. Vini, cibi, cultura materiale n. 20
16 pagine | 24x34cm | Carta Nautilus Classic gr 100 | 2 colori
Last modified: 2 Mar 2023