ALMANACCANDO.
Editoriale
Quis vetet apposito,
lumen de lumine tolli
Mille licet capiant,
deperit inde nihil
Si chiudono un’altra annata e un quinto inverno in stampa per L’Almanacco. Nato per raccogliere e studiare sollecitazioni e impressioni scaturite nel costruire e nel compiere La Terra Trema, fiera feroce, quest’anno, questa pubblicazione autogestita, indipendente e autofinanziata, ha dovuto fare a meno della sua motivazione più gioiosa e vitale, quella del camminare, dell’avere a che fare con fisicità e contatto con le persone e i loro luoghi.
Quasi impossibili gli spostamenti per buona parte dell’anno, quasi impossibili gli incontri diretti, se non in prossimità di sé stessi, se non ben motivati da carte, economie, comprovate necessità o altre, più o meno ragionevoli, questioni. A fronte di una situazione mai vissuta, ipotizzata (ma solo in parte e inadeguatamente), si è “agito” come si è potuto uno stato di cose, emergenziale e di eccezione.
La questione pandemica ha percorso tutto il 2020. Dalle tante evidenze manifestatesi è possibile trarre qualche prima conseguenza a partire dalla radicalità dei cambiamenti che ha originato in modo più o meno drastico intorno a noi tutti, lasciando fuori pochissimi.
Se tempi, azioni e stati d’animo abbiamo accettato che siano (per forza di cose) incerti, oscillanti, meno immediato è sapersi catapultati in un universo non certo nuovo ma di sicuro più delineato e che nella pandemia ha trovato linfa vitale e fertilissima. Un universo che ci vede in balìa (prima ancora che dei dpcm) della pedissequa accettazione di flussi algoritmici dei fatti, di volta in volta diversi ma sempre riconducibili sostanza binaria del sistema. Abbiamo subìto e imparato a subire questa continua riprogrammazione del sistema. Siamo rimasti lì, vivendo dentro, nello schermo, scaricando le app, acquistando on-line, rivolgendoci all’e-commerce, consumando (byte), producendo dati di profilazione, promuovendo notte e giorno questo apparato infernale.
La pandemia, qui, ha accelerato ogni cosa, ha trasmutato i corpi in anime digitali, in relazioni tra connessioni, in attori di e per algoritmi del capitale finanziario che di questo si ciba, pandemico tanto quanto il virus.
Almanaccando il giusto, non più del necessario è opportuno ragionare sull’estrema conseguenza di quanto sta generando, sulla vulnerabilità del piano in/su cui questa condizione ci ha posti, sulla potenza (infida) delle piattaforme che hanno capitalizzato ogni nostra azione (lavoro, didattica, cultura, sport, politica) e di molte altre libertà/autonomie, sulla manipolazione che può mettere e mette in atto, sulla consapevolezza che questo ci stia avvenendo addosso, dentro, accanto. Che il dispositivo digitale sia nostra costola è appurato, quanto noi si sia di esso lo è meno. Se pensiamo sia in schiavitù chi porta il cibo appena ordinato attraverso l’app, ragioniamo con la medesima lucidità sul come questa schiavitù ci riguardi, nell’innescarla, nel subirla, nel metterla a profitto noi stessi, agendola.
Non solo l’agricoltura è parte inquieta del capitalismo (contemporaneo), la piena consapevolezza dei modi e dei rapporti di produzione è centrale per sottrarsi al paradigma del dominio digitale, per creare interstizi e frizioni, che si faccia (si venda, si consumi) un olio, un vino, una rivista su carta. Si agisca sulle relazioni e si abbia cognizione piena della loro natura. Altrimenti, nel caso nostro, sia salutata per sempre La Terra Trema e ci si rassegni a La Terra sTreaming, insomma.
Quis vetet apposito,
lumen de lumine tolli
Mille licet capiant,
deperit inde nihil
da L’Almanacco de La Terra Trema. Vini, cibi, cultura materiale n. 19
16 pagine | 24x34cm | Carta cyclus offset riciclata gr 100 | 2 colori
Last modified: 2 Feb 2021
Interessato vostro percorso e scritti in cartaceo
Fabio Tirelli
3346804570
Fabio, perdona il ritardo.
Per il cartaceo scrivi pure a @info@laterratrema.org
Grazie!