La Zad di Notre Dame des Landes

1917

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La Zad di Notre Dame des Landes
non si difende  un territorio senza 
i suoi abitanti

di Giobbe
foto di zad.nadir.org

 

C’è una piccola area nel nord ovest della Francia che si è salvata dall’industrializzazione dell’agricoltura e che ancora conserva il paesaggio rurale tradizionale, il bocage, un insieme di piccoli appezzamenti contornati da alberi, fossi, piccoli specchi d’acqua e boschi. Una zona fredda  piovosa a due passi dall’Atlantico, dedita soprattutto all’allevamento. È la Zad di Notre Dame des Landes, un territorio di duemila ettari dove, dagli anni Settanta, è previsto un aeroporto internazionale originariamente pensato per il Concorde. Il vincolo di quest’area ha fatto sì che lo sviluppo delle imprese agricole cominciato in Europa in quegli anni si sia fermato dando modo agli agricoltori bretoni della zona di cominciare a resistere a questo progetto, occupando gli appezzamenti lasciati dalle imprese tradizionali per darle a giovani agricoltori senza terra che volevano iniziare a coltivarle. Pascoli, prati stabili, stalle, cascine salvati dallo sviluppo industriale si sono trasformati in una grande area “hors-cadre”, uno spazio di vita con una economia agricola informale dove oggi risiedono centinaia di persone che hanno sviluppato progetti agricoli, laboratori di produzione e trasformazione di carni, latte, cereali con panificio, mulino, birrificio; spazi conviviali e sociali, biblioteca, una casa per i bambini, addirittura una radio (pirata) e altro ancora.

L’intuizione iniziale è stata vincente: non si difende un territorio senza i suoi abitanti. In Francia i terreni agricoli sono assegnati da consorzi privati che, in accordo con le direttive pubbliche e le associazioni di categoria, li danno in affitto alle imprese agricole. Sono favorite ovviamente quelle grandi ed economicamente redditizie, il che porta a una progressiva industrializzazione dell’agricoltura, alla trasformazione del paesaggio rurale in grandi estensioni monocolturali e al conseguente svuotamento delle campagne.

Negli anni la lotta dei contadini bretoni si è estesa, non solo nei numeri. è partita dall’opposizione al progetto di cementificazione del territorio contro l’aeroporto, le strade di accesso, collegamento e servizio, le fasce di rispetto da dove altri abitanti sarebbero stati espulsi. Si è aggiunta la lotta contro le grandi imprese capitaliste e lo sviluppo del latifondo, impedendo che le imprese agricole collaborative con la società costruttrice (che gestisce anche molte autostrade nazionali) prendessero in uso temporaneo e gratuito gli appezzamenti per ingrandire la loro superficie agricola fino all’inizio dei lavori di costruzione dell’aeroporto. Ha poi appoggiato l’occupazione di terreni e fattorie via via abbandonate o vendute dagli altri agricoltori sotto pressione, o dietro compenso, all’impresa costruttrice. 

Gli agricoltori in lotta, riuniti sotto varie sigle come la “Copain 44”, hanno aiutato nella costruzione di case e cabannes di legno (e qui bisogna lodare l’abilità di carpentieri e carpentiere locali, capaci di costruire fino a grandi hangar con legname di recupero). Non solo i grandi trattori sono serviti a trasportare e sollevare tutto questo materiale, ma i paysans hanno messo a disposizione i vecchi mezzi e i macchinari perché i giovani agricoltori potessero cominciare le loro attività con aratri, frese, falciatrici, imballatrici, mungitrici. Ma non è finita qui. Settimanalmente contadini che vivono nei dintorni della Zad (perché a difendere il territorio non c’è solo chi ci vive, ma contadini da tutta la regione) vengono sul posto per partecipare alla coltivazione dei terreni, e tutto ciò che sulla Zad viene prodotto, viene poi messo a disposizione nel “non-mercato” settimanale dove ognuno porta ciò che ha coltivato e prende ciò di cui ha bisogno, liberamente. Utopia? No, realtà. Non un’isola felice, ma un luogo di lotta, dove vivere diventa gesto politico, resistenza, pratica quotidiana non riconducibile alle leggi di mercato o al dominio dell’uomo sulla natura. Così la Zad si è conquistata uno spazio nel cuore di tanti sostenitori vicini e lontani, che hanno portato il loro appoggio con gruppi di solidarietà in tutte le città della Francia. Manifestazioni sul posto, carovane verso le città vicine, un festival annuale, tutti con decine di migliaia di partecipanti. 

des légumes pas bitume

 

Grazie ai paysans, agli abitanti-occupanti, ai sostenitori è stata possibile la resistenza allo sgombero, alla distruzione delle case e all’assedio durato tre mesi, dove viveri e intere case in legno, costruite un po’ in tutta la Francia e poi smontate, sono arrivate pezzo pezzo sulla Zad in spalla, sui sentieri che la polizia non poteva controllare. Sono memorabili le decine di trattori incatenati a circondare e difendere le cabannes, i blocchi delle strade e gli scontri con i mezzi della polizia, impotenti contro le macchine agricole. Se percorrete quelle strade oggi troverete a testimoniare la lotta la rue des barricades, ancora rimasta tale e dove alcune delle barricate sono rimaste abitate. Quando, alla fine del tentativo di sgombero, le forze di polizia se ne sono andate, hanno lasciato dei blocchi in cemento per chiudere l’accesso alla Zad. Tre giorni ci sono voluti per rimuoverle: due e mezzo per decidere se toglierle o meno, e poche ore per spostarle da dove erano con i trattori. Ora fanno parte delle barricate difensive degli Zadisti. Nous sommes là, nous serons là.

Da L’Almanacco de La Terra Trema. Vini, cibi, cultura materiale n. 04
16 pagine | 24x34cm | Carta cyclus offset riciclata gr 100 | 2 colori
Per continuare la lettura di questo e dei prossimi numeri de L’Almanacco potete scrivere a info@laterratrema.org
o cercare la vostra copia in uno di questi nodi di distribuzione autogestititi dai sostenitori.

Last modified: 20 Ott 2019

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