LAMBRUSCO PROFONDO

di Laura M. Alemagna e Paolo Bellati
fotografie di Jacopo Loiodice

Era il 2004 e creavamo, prima di tutto su noi stessi, le premesse per questa storia decennale che è La Terra Trema, attraversando le stanze della casa di Almilcare Alberici  vignaiolo a Boretto, le bottiglie di Lambrusco e di Fogarina accatastate, le sale dell’Osteria Lido Enza a Brescello, le chiatte sul fiume, le rane fritte e l’amara constatazione che quelle dell’Enza non le avremmo mai assaggiate. Risuonavano le letture di Veronelli, di Soldati e Camporesi.
Ma un’idea forte di Emilia c’era ben prima e aveva plasmato sguardo e udito, Emilia rossa, partigiana, punk e melodica, Emilia paranoica, rozzemilia, CCCP, (…) piatta monotona moderna attrezzata benservita consumata (…) e tutti sono onesti e tutti sono pari e tutti hanno le palle democratico-popolari (…) provincia industrializzata provincia terzializzata provincia di gente squartata.
C’era un’idea di paesaggio, pianura, traversata come un deserto d’anime, c’è un’ebbrezza della dispersione che diventa qualcosa di positivo. Ti accorgi di poter amare il mondo con il suo “disponibile quotidiano”, così come è, per quello che è, e non per come dovrebbe essere. C’era questa provincia appianata, nelle immagini di Ghirri e Ligabue (Antonio), nelle pagine di Tondelli, Celati, Zavattini. C’era Reggio nell’Emila, dei Fratelli Cervi e di Prospero, contadino nella metropoli, c’erano i suoi ricordi di un militante delle Brigate Rosse. C’era Prospero Gallinari, oggi sepolto nel cimitero di Coviolo.
Questa porzione d’Emilia abbiamo voluto che fosse la nostra meta.
Ci aspettava Denny. Azienda Agricola Bini Denny, Podere Cipolla, a Coviolo (Reggio Emilia).

La prima volta che Denny ha partecipato a La Terra Trema è stata nel 2009, era un giovanissimo vignaiolo sconosciuto ai più, faceva vino da qualche anno e la nostra fiera feroce era tra le primissime iniziative pubbliche su cui si affacciava.
Da quella volta Denny è tornato da noi ogni anno e oggi è un vignaiolo conosciuto e affermato in Italia e nel mondo. La sua esperienza e i suoi vini sono tra i più interessanti del territorio Reggiano.
Denny è maturato professionalmente, si è fatto contaminare, ha lavorato, ricercato e sperimentato moltissimo. Ha iniziato con quello che aveva, mezzo ettaro in affitto, una grande conoscenza del territorio, un trascorso come batterista in un gruppo punk, un nonno contadino e gli studi all’istituto agrario di Reggio Emilia. Denny è cresciuto con noi, noi con lui, abbiamo camminato su strade contigue e parallele, spesso ci siamo ritrovati insieme, questo ci ha legato molto a lui e alla storia che rappresenta. Da Milano a Reggio viaggiamo sull’autostrada A1, parallela al nastro di asfalto scorre la ferrovia dell’ Alta Velocità, i Freccia Rossa ci superano a 200 e più chilometri all’ora. Cemento, asfalto e metallo tagliano la pianura padana, è un susseguirsi. Usciamo al casello di Reggio Emilia, all’orizzonte ci accolgono i tre viadotti di Santiago Calatrava, acclamata archistar. Appariscenti, di acciaio bianco e cemento armato. Tre ponti costati 40 milioni di euro, simbolo della riqualificazione urbanistica del territorio sventrato dal TAV. Tre ponti che ci accompagneranno per quasi tutti i nostri spostamenti nella campagna reggiana, visibili all’orizzonte, in fondo ai campi, tra una casa e una cascina. Con Reggio alle spalle, Coviolo è subito dopo, lì.
La cantina di Denny l’agguantiamo subito, imboccando una traversa della provinciale, all’interno di un complesso agricolo che una coppia di amici, Massimo e Catiana, ha preso in affitto per farne un agriturismo non appena avrà finito i lavori di ristrutturazione.
Un fiero casale padronale, un fienile, l’aia, la stalla, la rimessa per i carri, i pioppi che svettano. 
Massimo ha offerto a Denny in affitto la vecchia stalla e Denny l’ha ristrutturata trasformandola in una piccola cantina. Semplice e bellissima. Sopra, il vecchio fienile, è diventato magazzino e ufficio del Podere Cipolla. 

Denny ci accoglie, ricci e sorrisi, con lui uno stuolo rosso e arancione di splendide galline ovaiole, galli, galletti e faraone che scorrazzano e cantano tra aia, pollaio e vigne intorno. La casa si trova a poche centinaia di metri da lì e a breve distanza ci sono anche i suoi vigneti. I nonni materni di Denny, Renato e Maria Pia, erano contadini come si era contadini nelle generazioni passate, un’azienda agricola reggiana con dieci ettari di terreno per coltivare prevalentemente uva da conferire alla cantina sociale e una inviolabile parte da utilizzare per il vino da fare in casa. Poi trenta vacche, per il latte da conferire a Coviolo al caseificio sociale.
Là dove c’era il caseificio oggi ci sono villette.
Lorella, madre di Denny, non ha continuato l’attività agricola, e suo padre, Floriano, faceva tutt’altro. I nonni, una volta smesso, hanno affittato parte dei terreni di proprietà.
Terminata la scuola di agraria Denny ha cominciato a lavorare come cantiniere per una grossa azienda locale. Piano piano matura in lui l’idea di lavorare da solo, così si convince e chiede al nonno mezzo ettaro di prato in affitto. Ara, traccia e pianta lì le sue prime viti.

LAMBRUSCO GRASPA ROSSA, MALBO GENTILE E ANCELLOTTA
All’inizio conferisce alle cantine sociali, poi comincia a vinificare le sue uve grazie alle sollecitazioni di Marco Rizzardi dell’Azienda Agricola Crocizia (un pioniere, un riferimento del riscatto qualitativo e artigianale dei vini tra Parma e Reggio). Dopo le prime vinificazioni Denny prende fiducia, il lavoro gli piace e regala grosse soddisfazioni, i vini sono apprezzati, decide di sostituire la parte di ancellotta con altre varietà di lambrusco (salamino, sorbara e montericcio) e da lì a poco rilancia piantando su un altro mezzo ettaro lambrusco, malvasia e un poco di spergola.
Così ho incominciato a divertirmi!
La campagna che ospita i vigneti di Denny è bella e a pochi chilometri da Reggio Emilia, nel Parco Periurbano del Modolena e Quaresimo, è un territorio di pregio naturalistico, reso ricco di acqua dal torrente Modolena e pieno di gloriose realtà agricole, messe in piedi da un caparbio manipolo di giovani agricoltori biologici, biodinamici, con grande sensibilità ambientale e sociale e lanciati verso una ragionatissima diversificazione produttiva: dal miele al parmigiano, dal vino alle verdure, dai legumi ai cereali, dalle mucche ai maiali, dai polli ai tacchini. Nei pressi dei vigneti di Denny ci sono le vigne e la sede dell’Azienda Agricola Biologica e Biodinamica La Collina. Un’esperienza agricola storica, con una forte connotazione sociale. Comunità di accoglienza e fattoria didattica, un’impresa sociale di rara efficienza, la prima a fare biologico e biodinamico in zona. I terreni in queste campagne sono fertili, di pianura, limoargillosi superficialmente e a cinquanta centimetri di profondità ghiaia, sabbia e sassi di fiume. Denny ci mostra il suo primo mezzo ettaro, poi gli altri tremila metri, messi a vite qualche anno dopo e poco più di mezzo ettaro piantato cinque anni fa. Infine, l’ultimo campo, arato da poco, pronto per accogliere nuove barbatelle. Malbo gentile e i lambruschi grasparossa, saIamino, sorbara e montericcio, i bianchi malvasia, moscato e spergola.
I filari e le viti sono ben distanti uno dall’altro, cordone speronato con potature corte e un numero contenuto di gemme, si cerca anche di limitare lo sviluppo vegetale che in queste varietà è già consistente. A filari e anni alterni pratica sovescio con semina di avena, sulla e pisello che lascia andare in fioritura e poi trincia e interra. Rame e zolfo unici trattamenti.

PER FARE IL LAMBRUSCO RIFERMENTATO NON CI VUOLE TANTA TECNOLOGIA
Una delle caratteristiche di quasi tutti i vini di Denny è la rifermentazione in bottiglia, un metodo tradizionale che rischiava di scomparire a favore dell’autoclave. Denny invece ha invertito la rotta. L’uva da lambrusco passa nella diraspatrice e poi viene messa in cisterna a macerare. A seconda del tipo di lambrusco si concede macerazioni un po’ più lunghe o un po’ più corte. Il Ponente 270 (grasparossa, salamino, sorbara, montericcio e malbo gentile) rimane a macerare circa una settimana, il Libeccio 225 (solo grasparossa) fa due settimane. Il Ponente 270 è un classico lambrusco, il Libeccio 225 è una visione più personale, è una visione di lambrusco. Per il bianco frizzante Levante 90 (malvasia, moscato e spergola) un solo giorno di macerazione sulle bucce. Per il lambrusco rosato Rosa dei Venti (Grasparossa) qualche ora di macerazione e poi si svina tenendo solo il mosto di sgrondo fiore (il mosto separato dalle bucce per caduta senza pressatura). Assaggi, sedimentazioni e travasi e pochi mesi dopo, tra gennaio e febbraio, vanno in bottiglia.
Una volta le vendemmie avvenivano più tardi, a ottobre. La prima fermentazione si fermava con l’arrivo del freddo. Rimettendoli in bottiglia in inverno, con ancora dei residui zuccherini, con l’innalzarsi delle temperature, nei mesi successivi, ripartiva la fermentazione e si ottenevano dei vini frizzanti. Oggi le vendemmie si fanno prima, il freddo viene più tardi e così c’è il rischio che la fermentazione arrivi fino in fondo consumando tutti gli zuccheri. I vignaioli che vogliono fare la rifermentazione in bottiglia si attrezzano tenendo da parte un poco di mosto preventivamente raffreddato, quasi congelato, per poi aggiungerlo quando imbottigliano, in modo da garantirsi gli zuccheri necessari alla rifermentazione che permette di ottenere vini frizzanti. Denny per conservare questa parte di mosto usa una cisterna da latte. Sta sperimentando anche un vino rosso fermo, il Maestrale 315, col malbo gentile. Da queste parti questo vitigno è stato utilizzato sempre come uva da taglio per rafforzare il lambrusco perché dà colore, tannino e alcool. 
A Denny quest’uva è sempre piaciuta per le sue caratteristiche, struttura, acidità e buccia gli facevan ricordare uve per vini d’invecchiamento di altre zone d’Italia, così ha deciso di provare. Dopo varie sperimentazioni, mosso, passito ha iniziato col fermo, prima in acciaio, poi in vecchie barrique usate di quarto/quinto passaggio lasciandolo nel legno 1-2 anni fino ad arrivare con la vendemmia del 2015 a sperimentare le botti grandi, tonneaux, e il risultato sembra di grande interesse. Denny vuole lasciarlo lì ancora un poco, la strada sembra quella giusta e non vediamo l’ora di provarlo. Denny non si fa mancare niente. Produce poche bottiglie (8 mila) ma fa tanti vini diversi. Il passito Tramontana 360 ottenuto da uve di malbo gentile chiude la produzione del Podere Cipolla. I grappoli raccolti restano quattro mesi ad appassire in cassettine di plastica all’aperto nell’ex fienile, sopra la cantina. Diraspatura manuale, acino ad acino a gennaio. Macerazione in acciaio per quaranta giorni, torchiatura manuale e poi affinamento per nove mesi in una botticella di rovere tipo da aceto balsamico da cento litri. Un mese in bottiglia e l’ultima perla di Denny Bini a novembre è pronta per essere apprezzata e fa la sua prima uscita proprio a La Terra Trema.
Attenzione in campagna, basse rese, lunghe macerazioni, vinificazioni tradizionali, vini che possono anche invecchiare.

UN LAMBRUSCO PUÒ INVECCHIARE
Questa è una delle prime smentite che i produttori come Denny elargiscono al mondo delle certezze del vino. Era impensabile fino a qualche anno fa. Se si diceva lambrusco si pensava a un vino da bere entro l’anno successivo alla vendemmia ed è vero ancora oggi, ma solo per i vini fermentati in autoclave dove si mettono in bottiglia vini sterili, filtrati e microfiltrati, vini che non possono evolvere, ma solo conservarsi per un breve tempo. Il rifermentato in bottiglia è un vino che finisce in bottiglia fermo, per rifermentare ci vuole un vino vivo, che contenga microelementi dinamici che permettano oltre alla rifermentazione un’evoluzione in crescita e conservazione nel tempo. I rifermentati in bottiglia nel tempo, come tutti i grandi vini, si autoproteggono, cambiano colore, aromi, sapori e gusto. Evoluzioni più o meno lunghe e durature a seconda delle annate e del tipo di vino.
Con l’industrializzazione dei processi produttivi, con l’arrivo dell’autoclave e altre tecnologie enologiche e agricole, si riusciva e si riesce a fare grosse quantità più rapidamente uniformando il prodotto finale frutto di uve provenienti da centinaia di produttori differenti. Piccoli e grandi produttori, chi lavora meglio o peggio, conferiscono tutta la produzione ai grandi marchi cooperativi che confezionano un prodotto omologato per gli scaffali dei supermercati di tutto il mondo. L’istituzionalizzazione delle cooperative sociali merita una riflessione breve, ma intransigente, perché soprattutto in questo territorio sono state di importanza emblematica, funzionavano bene e hanno permesso a micro aziende a conduzione familiare di uscire dallo sfruttamento e dalla povertà, mettendosi insieme hanno sviluppato un processo autentico di mutuo aiuto. Oggi quel dispositivo organizzativo si è trasformato, nella maggior parte dei casi ha preso forma di colossi industriali con logiche prettamente imprenditoriali e di sfruttamento, senza attenzione per la tradizione e il rispetto ambientale.  Il bisogno di mutuo aiuto, di sottrazione dal grande mercato organizzato, di mettersi insieme per costruire identità e progettualità resta ancora forte e necessario. Nell’ultimo abbondante decennio, in Emilia, è capitato che un bel movimento di piccoli vignaioli sia riuscito a fare rete e a sviluppare le proprie aziende e un’identità comune.
Vittorio Graziani di Modena insieme a Camillo Donati e Marco Rizzardi di Parma (tra i primi vignaioli a tornare a fare i rifermentati in bottiglia e a fare una viticoltura artigianale e sensibile alle metodologie produttive tradizionali, ma anche innovative) sono stati quelli che hanno spinto per far squadra, per mettersi insieme e fare qualcosa insieme alla  nuova generazione di vignaioli emiliani. Insieme hanno ragionato su una sorta di disciplinare, chiamando a raccolta appassionati e vignaioli che lavorano in un certo modo, con una certa idea di viticoltura e di enologia: agricoltura biologica, biodinamica, naturale, certificata o non certificata, lieviti indigeni, nessuna filtrazione, rifermentazione in bottiglia con i propri mosti senza aggiunta di rettificati, zuccheri e robe varie.
Si son messi intorno a un tavolo e hanno cominciato a ragionare sul proprio lavoro, su come riuscire a valorizzarlo appieno, costruendo sinergie e relazioni. Una delle iniziative più significative e felici ideata e organizzata da questo gruppo è Emilia Sur Lì, una giornata di festa dedicata alla scoperta del mondo della rifermentazione naturale in bottiglia e all’incontro con i suoi produttori.

– Denny guarda che veniamo a trovarti!
– Bene, prenoto in un posto! 
In qualche modo Denny ci aveva avvertiti, saremmo finiti satolli a bordo tavolo, fatti duri di cucina reggiana e vini (tutti) del Podere Cipolla.
Denny ci porta a Cadelbosco di Sopra in un bel ristorante a gestione familiare, un posto storico gestito da persone competenti e cordiali. Il Favo, era un podere tipico di quelle zone, la famiglia che ora gestisce il ristoro era già lì, erano tutti contadini. Negli anni Novanta Rosanna e Giuliano si danno alla ristorazione, coinvolgendo poi i figli. La sala prende il posto della vecchia stalla, restaurata secondo l’uso di queste parti, gli arredi sono semplici e rustici, sulle pareti storie di agricoltura e di caccia scritte da vecchi arnesi di lavoro.
La cucina casalinga tipica reggiana non fatichiamo ad apprezzarla, anzi, ci strega. Salumi affettati della zona, parmigiano reggiano e aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia, gnocco fritto mai mangiato così buono, erbazzone con bietole, frittatine, prosciutto crudo, coppa cotta, pancetta e parmigiano ed è solo antipasto. Denny è agguerrito e parte con le bollicine, Levante 90, Malvasia dell’Emilia Frizzante 2015 e continua con Rosa dei Venti Lambrusco dell’Emilia Frizzante Rosato Secco 2015. Cappelletti Reggiani in Brodo. Ravioli al radicchio rosso e noci con crema di aceto balsamico. Tortelli di Zucca. Risotto al Radicchio rosso e Fonduta di formaggi. E arrivano i signori Libeccio 225, Lambrusco Grasparossa Frizzante Rosso Secco 2014 e Ponente 270, Lambrusco Frizzante Rossso Secco 2014 che finiscono anche a condire i cappelletti nel piatto. Filetto di Manzo ai ferri. Spiedone di chianina. E entra il Maestrale 315, 2013, vino fermo in terra mossa che apre nuove strade tutte  da sperimentare.
Un carrello strabordante di dolci ci asfalta, definitivamente. Zuppa Inglese, Torta casalinga con ricotta, cioccolato e pastafrolla, Torta con crema al cioccolato e nocciole. Tramontana 360, vino passito 2012 ci stampa un sorriso in volto che non leveremo più per qualche ora. Tramontiamo.

Torniamo in cantina, galline e galletti ci scrutano, stiamo bene e lo hanno chiaro anche loro. Lasciamo Denny, col desiderio di tornare presto.
Quell’idea di cultura emiliana che avevamo, rete amicale e consortile, feconda e consorziale, si rafforza di più. Sia chiaro, non a quella immensa, massificante e accentrante delle cooperative ci si riferisce, ma a quella meno affollata ma comunque cospicua dote di emiliani ed emiliane, esploratori, che hanno saputo parlarsi, tramare e costruire quel territorio in altro modo, percorrendola, Zavattini con Ligabue, Tondelli, Guattelli, CCCP, Ghirri e Celati. Ascoltando Denny, guardando alle sinapsi materiali che questa rete locale sta fortificando salta all’occhio questo, una consapevolezza piena, di cultura e territorio, una cognizione di causa lucida e appagante, poesia pura, poiesis, creazione.

 

 

Emilia Sur Lì: c’è fermento in Emilia! 
L’Emilia è terra di lunga tradizione e storia stratificata e complessa. Ci sono passati popoli, esperienze si sono sovrapposte, lingue si sono amalgamate. Eppure, come ogni altro campanile del nostro Paese, ha peculiarità e carattieristiche uniche, distintive. Il limite settentrionale del Po con le sue fertili pianure e le grasse terre. La dritta e antica strada voluta dal Console Emilio Lepido che attraversata verso sud porta tra campagne ondulate, sullo sfondo le vette degli Appennini. Valli scoscese esposte ai venti e al sole, ricche d’acque di torrenti impetuosi, di calcari, argille, sabbie e conchiglie preistoriche. Colline punteggiate dalla vite, di mille e forse più varietà differenti: Lambrusco e le sue infinite mutazioni e Ortrugo, Spergola, Pignoletto e tutti gli altri. E poi lo spirito cooperativo emiliano; la voglia di stare insieme e condividere conoscenze e competenze; la giovialità e convivialità che qui hanno un sapore più vero, uno spirito spontaneo innato e quasi incontenibile. Emilia Sur Lì non poteva nascere altrove, mettendo insieme vignaioli da Piacenza a Bologna, passando per Parma, Reggio e Modena. Il nome è un manifesto programmatico con quella matrice territoriale e quella storpiatura del francese che ricorda tanto i dialetti che si parlano
qui. Sono più di venti gli artigiani che si sono messi insieme, accomunati dalle medesime pratiche in vigna e in cantina. Non è ammesso l’uso di chimica di sintesi, vietati i lieviti selezionati e le rifermentazioni sono possibili solo grazie ai propri mosti. Oltre alla conduzione biodinamica e biologica dei terreni, a distinguere i vignerons di Emilia Sur Lì è la tipologia di vini prodotti: i classici, storici, tradizionali frizzanti emiliani rigorosamente rifermentati in bottiglia, naturalmente. Quelli col fondo, quelli un po’ torbidi, quelli snobbati nei decenni dell’avvento, della diffusione e del monopolio dell’autoclave.
È chiaro l’intento di rappresentare e presentare il proprio territorio senza filtri, senza trucchi, senza belletti. Solo terra, uva e uomini che portano in cantina un sapere secolare che qui è restato nella polvere delle strade bianche, nella muffa delle cantine, nella penombra delle osterie di paese, nei calli e nei sorrisi larghi di questi valorosi custodi del sacro fuoco che non si sono mai arresi alla cieca e vuota adorazione delle ceneri. Ragasol! Emilia Sur Lì vi aspetta il 2 giugno alla grande festa campestre dei vini emiliani naturali rifermentati in bottiglia.
Sempre in fermento, sempre in movimento. 
Emilia Sur Lì

 

 

 

Da L’Almanacco de La Terra Trema. Vini, cibi, cultura materiale n. 04
16 pagine | 24x34cm | Carta cyclus offset riciclata gr 100 | 2 colori
Per continuare la lettura di questo e dei prossimi numeri de L’Almanacco potete scrivere a info@laterratrema.org
o cercare la vostra copia in uno di questi nodi di distribuzione autogestititi dai sostenitori.

Last modified: 2 Mar 2023

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.