LA COSCIENZA DEI LUOGHI
UTOPIE. L’ECONOMIA PUÒ ESSERE AL SERVIZIO DELLA FELICITÀ DELL’UOMO?
Una riflessione di Alice Selene Boni
a partire da LA COSCIENZA DEI LUOGHI. Il territorio come soggetto corale di Giacomo Becattini
Fotografie di Floriana Onidi
La risposta affermativa a questa domanda può apparire un’utopia agli occhi di chi legge queste righe oggi. Il tentativo di immaginare che cosa possa celarsi dietro la parola felicità potrebbe invece provocare un senso di smarrimento. Felicità per chi, per cosa, come? Gli autori di questo libro provano a insinuarsi nelle risposte a queste domande “difficili”, apparentemente poco esplorate nei termini di un collettivo o di un sistema. Lo fanno riproponendo alcuni scritti recenti di Becattini e attraverso un dialogo tra loro nel quale mettono a confronto il punto di vista di un economista e quello di un urbanista.
La quintessenza del sistema capitalistico
Prima di avanzare una proposta alternativa di economia per la felicità, viene proposta un’analisi critica severa nei confronti dell’attuale sistema economico, soffermandosi sugli elementi che lo hanno messo in crisi e che lo hanno allontanato sempre di più da un obiettivo di felicità diffusa: “la quintessenza del sistema capitalistico non sarebbe la realizzazione di profitti attraverso l’impresa che coinvolge uomini e donne in carne e ossa nel produrre merci, come comunemente si pensa, ma essenzialmente una delle forme della crescita del capitale su se stesso. Magari potessi – si dice il “capitalista puro” – risparmiarmi le seccature del produrre merci, con i lavoratori, i sub-fornitori e i clienti sempre pronti a piantar grane! Il mio ideale – confessa a se stesso – sarebbe un prestito a interesse, meglio se alto, ma anche basso, comunque perfettamente sicuro”.
La dissoluzione dei luoghi
In questa analisi viene messo sotto osservazione il territorio e, in particolare, l’impatto che l’attuale modello di sviluppo in crisi ha avuto sui luoghi e sul rapporto tra uomo e ambiente. L’attenzione è rivolta sia all’uso del territorio contraddistinto da “delocalizzazioni continue sui territori del mondo in cerca di dumping salariale e ambientale; consumo ed esaurimento delle risorse locali umane, ambientali, territoriali; aumento vertiginoso della mobilità di merci, persone, consumi insensati”; sia alla conseguente dissoluzione dei luoghi che ha determinato un abbassamento della qualità della vita, una generale perdita di saperi locali e un allontanamento della politica dalla vita quotidiana, costretta a misurarsi con decisioni che vengono prese in un altrove spesso non ben identificabile.
Coscienze di luogo
Se l’economia di mercato ha prodotto lo “sfarinamento dei luoghi”, in alcune realtà viene rilevata la nascita di una nuova “coscienza di luogo” dove “fra le diverse identificazioni dell’individuo quella che prevale è il senso di appartenenza alla società locale”. Tra queste esperienze il riferimento è a coloro che ripopolano le cascine, le valli e le montagne in cerca di diversi stili di vita e di produzione ma è anche alle “vertenze per il territorio”, una tra tutte, quella portata avanti dagli abitanti della Val Susa, che insieme all’opposizione alle imprese di costruzione sono stati capaci di elaborare “con saperi contestuali e tecnici di alto livello” un’alternativa ai modelli di comunicazione, di mobilità e al modello di sviluppo. È quindi dal progressivo divario tra crescita economica e abbassamento della qualità della vita che aumenta l’infelicità degli abitanti e, nel conflitto che ne deriva, cresce la coscienza di luogo “Tutto ciò che era percepito (…) come negativo nel fordismo (le peculiarità identitarie dei luoghi, dei paesaggi, delle culture, dei saperi contestuali, delle lingue, delle arti), da superare con la standardizzazione e l’omologazione delle forme di produzione e di consumo, diviene oggi (a fronte degli effetti catastrofici della distruzione dell’identità dei luoghi) la base positiva per costruire ricchezza durevole, autosostenibile”.
Un’alternativa al modello di sviluppo in crisi: dai distretti industriali all’autogoverno locale
Gli autori giungono alla conclusione che l’alternativa a questo modello di sviluppo non può essere nell’addomesticamento e nella sensibilizzazione delle imprese transnazionali. L’alternativa sta nella creazione di “spazi di separatezza, di autonomia, di sovranità alimentare ed energetica, di territori liberi da Ogm, denuclearizzati, disinfestati da concimi chimici che iniziano a progettare il loro futuro mettendosi in grado di produrselo”. A partire dall’esperienza dei distretti industriali quali sistemi di economia basati sulle peculiarità delle identità locali dal punto di vista ambientale, territoriale, culturale dei saperi produttivi, della storia sociale, la proposta è quella di un mondo di sistemi locali relativamente piccoli e integrati tra loro, dove in ogni “luogo si producono beni che solo in quel luogo – per il suo paesaggio, la sua cultura, le sue arti, la sua identità – si possono produrre, garantendo l’autoriproduzione della vita della comunità”. E dove, dal punto di vista del governo locale, non si dovranno più amministrare decisioni prese altrove bensì programmare “cosa produrre, come e quanto in quel territorio attivando le energie sociali che lo vogliono mettere in cura e valorizzare.”
Quale felicità? La risposta è negli indicatori di benessere
Sono alcuni indicatori di benessere, secondo gli autori, che suggeriscono le azioni per rispondere a un’altra idea di “progresso sociale” volta al raggiungimento della felicità, tra questi: “il recupero dei saperi dell’agricoltura tradizionale e dei saperi artigiani, industriali, comunicativi, artistici di ogni microregione; l’evoluzione verso sistemi distrettuali multisettoriali e verso filiere integrate (per esempio: filiera agricoltura, ambiente, turismo, cultura); la valorizzazione delle dimensioni e tipologie appropriate d’impresa in relazione ai progetti di sviluppo locale; la produzione locale di energia connessa alle peculiarità dei luoghi, la chiusura a livello locale dei cicli dell’energia, dell’acqua, dell’alimentazione, dei rifiuti; la restituzione ai municipi della loro funzione di governo della felicità pubblica riconsegnando agli abitanti l’autogoverno dei fini della produzione per la qualità della vita”.
A proposito del libro
Il libro si compone di una raccolta di scritti di Giacomo Becattini, economista e studioso esperto della realtà dei distretti industriali, e di un dialogo tra lo stesso autore e Alberto Magnaghi, urbanista e tra i fondatori della Società dei Territorialisti. Il fil rouge che lega le riflessioni proposte all’interno di questa pubblicazione è rappresentato dal rapporto tra territorio ed economia, tra uomo e ambiente. Un rapporto che a partire dalla lettura della realtà contemporanea – dai lasciti dell’economia capitalista alla realtà dei distretti industriali, fino ad arrivare ai processi economici locali e dal basso – prova a immaginare una realtà ideale all’interno di un quadro riflessivo segnato da forti tensioni utopiche ma anche dal desiderio di identificare possibilità concrete per un domani nuovo.
Giacomo Becattini
LA COSCIENZA DEI LUOGHI.
Il territorio come soggetto corale.
Con una presentazione di Alberto Magnaghi e un Dialogo tra un economista e un urbanista di Giacomo Becattini e Alberto Magnaghi.
Donzelli editore, 2015, pp.XVI-224
Da L’Almanacco de La Terra Trema. Vini, cibi, cultura materiale n. 02
16 pagine | 24x34cm | Carta cyclus offset riciclata gr 100 | 2 colori
Per continuare la lettura di questo numero de L’Almanacco potete scegliere di abbonarvi o cercare la vostra copia in uno di questi nodi di distribuzione autogestititi dai sostenitori.
Qui puoi consultare le precedenti pubblicazioni.
Last modified: 17 Mag 2023