da L’ALMANACCO de La Terra Trema, Estate 2016
15 ANNI DI BATTAGLIE NO TANGENZIALE
di Alice Selene Boni
Illustrazioni di Andrea Rossi
È compreso tra due parchi, il Parco naturale della Valle del Ticino (riserva della Biosfera MAB) e il Parco Agricolo Sud Milano, il territorio su cui dovrebbe sorgere il progetto di una tangenziale che collega Milano – Vigevano e l’aeroporto di Malpensa. Si tratta di un’area situata a sud-ovest della Regione Lombardia e che lambisce: ad est i comuni di prima cintura che senza soluzione di continuità, insieme a Milano, formano l’area metropolitana; a nord, una zona composta da centri di medie dimensioni che hanno conosciuto uno sviluppo soprattutto industriale; a sud, una zona che ha mantenuto una forte connotazione agricola; e infine, a sud ovest, oltre il fiume Ticino, l’ormai depresso “distretto della scarpa” con una vocazione principalmente agricola capace di resistere faticosamente nel tempo. Il territorio in questione si articola in una rete di centri urbani che, nonostante un importante sviluppo industriale negli anni del boom economico, ha visto una crescita moderata del territorio urbanizzato e lo svilupparsi di una economia agricola di qualità che lo ha reso di pregio soprattutto dal punto di vista paesaggistico e ambientale.
Il progetto tecnico della tangenziale prevede su questo territorio il potenziamento di un’arteria stradale esistente di accesso alla città di Milano e, per la restante parte del tracciato, la realizzazione ex novo di un’infrastruttura che interesserebbe, se fosse attuata, aree naturali e destinate all’agricoltura. Nello specifico il progetto prevede la realizzazione di strade a due corsie per senso di marcia, tratti e svincoli sopraelevati. Nel corso di circa vent’anni l’opera è stata proposta in più passaggi e in più versioni tentando, come accaduto di recente, la via della realizzazione per parti o una sua estensione su un’altra porzione di territorio, come il progetto della Tangenziale Ovest Esterna di Milano, la TOEM. Quest’ultima solo recentemente è stata stralciata dal Programma Regionale della Mobilità e dei Trasporti, grazie all’opposizione dei Comitati e di tutti i Sindaci toccati dal tracciato. L’opera, è bene precisarlo, era nata con l’obiettivo di completare l’anello delle tangenziali esterne di Milano, collegando il tratto del progetto di tangenziale a ovest di Milano, in direzione dell’aeroporto di Malpensa, con la TEEM (Tangenziale Est Esterna di Milano) un’altra infrastruttura che, come la nota BREBEMI (Brescia-Bergamo-Milano), ha un utilizzo che risulta ben al di sotto delle previsioni iniziali.
È curioso osservare come il primo progetto della tangenziale Vigevano-Milano-Malpensa nasca alla fine degli anni Novanta in concomitanza con la chiusura delle industrie manifatturiere generatasi, in una prima fase, da fenomeni di delocalizzazione industriale e, in una fase successiva, da processi di finanziarizzazione dell’economia che hanno portato molti imprenditori locali a investire i profitti realizzati in prodotti finanziari e in operazioni immobiliari, invece che in ricerca e sviluppo. Di lì a poco, alla chiusura delle aziende (anche di quelle “sane” cui si è assistito fino a pochi anni fa, col diffondersi di migliaia di metri quadrati di aree industriali dismesse e da bonificare), sarebbero seguiti: la nascita di grandi centri commerciali e di alcuni centri logistici, l’aumento del pendolarismo verso la grande città con il conseguente congestionamento, nelle ore di punta, delle arterie stradali principali e dei mezzi di trasporto pubblici. A sostegno della realizzazione dell’opera (inserita tra quelle ritenute strategiche all’interno della Legge Obiettivo) ci sarebbe la certezza che la stessa avrebbe reso maggiormente accessibile un territorio poco dotato dal punto di vista infrastrutturale, favorendo la fluidificazione del traffico su gomma verso i grandi centri e, soprattutto, l’attrazione di numerose industrie che avrebbero portato nuovi posti di lavoro.
È negli anni in cui iniziano ad essere presentati i primi progetti dell’infrastruttura che nasce il movimento No Tangenziale come espressione dell’insorgenza di una popolazione messa ai margini di processi decisionali volti a definire il destino del territorio. Un movimento formato da abitanti, agricoltori, amministratori locali, movimenti sociali e ambientalisti preoccupati degli effetti distruttivi e devastanti dell’infrastruttura per il territorio, la vita delle persone, il paesaggio, l’ambiente e l’economia locale (soprattutto agricola). Fino ad oggi, attraverso mobilitazioni, iniziative di sensibilizzazione e progetti locali, gli abitanti mobilitatisi sono stati capaci di dissuadere, nelle diverse fasi, i decisori pubblici dalla realizzazione dell’opera. Contemporaneamente, hanno saputo dare alla luce progetti che oggi rappresentano non solo pratiche di resistenza ma processi fecondi che negli anni hanno costituito veri e propri esempi di alternative all’attuale modello di sviluppo in crisi. Non è un caso che sia proprio sul fronte delle lotte contro la tangenziale e dall’incontro tra gli agricoltori della zona e i membri dei movimenti sociali, che siano nati sodalizi importanti che hanno contribuito a sviluppare narrazioni, pratiche di agricoltura di qualità ed esperienze come La Terra Trema.
Dopo anni di silenzio, negli scorsi mesi, la Regione e alcuni Sindaci affini politicamente alla giunta regionale, hanno rimesso in gioco il progetto dell’opera, riaffidando ad ANAS s.p.a. il compito di definire una nuova versione del progetto. Rispetto al passato però, il percorso si connota ora per l’introduzione di una novità. Grazie all’intermediazione di alcuni amministratori della Città Metropolitana vengono aperti, presso le istituzioni, tavoli di ascolto finalizzati a concordare alcune migliorie al progetto. Tali incontri coinvolgono dapprima solo alcuni membri dei comitati e, successivamente, gli amministratori locali insieme al Ministero delle Infrastrutture. Il fronte No Tangenziale, dopo una prima fase di lotta comune, si trova a questo punto spaccato tra chi aveva creduto nella novità dei tavoli concertativi a cui aveva partecipato e chi, invece, ne era rimasto escluso e che non credeva che da tali trattative potesse nascere una infrastruttura ad impatto zero. La millantata partecipazione, svoltasi a porte chiuse all’interno dei palazzi, ha illuso alcuni abitanti sulla possibilità di cambiare il tracciato della superstrada, il suo senso e la sua necessità piegandolo alle necessità del territorio. Ciò non è avvenuto. Al contrario, l’apertura di questa trattativa sembra aver avuto un effetto decisivo sull’approvazione dell’opera. Rimuovendo surrettiziamente, con i tavoli concertativi, quel vizio legato al mancato coinvolgimento e ascolto della popolazione – che non è mai avvenuto nel passato in quanto l’opera, inserita nella Legge Obiettivo, è di interesse strategico e nazionale e, per questo, viene definita e approvata a livello di governo centrale – di fatto, è stato sbloccato un progetto insabbiato, legittimando definitivamente gli alti livelli decisionali ad accelerare i tempi di realizzazione.
Nonostante nel corso di questi vent’anni il modello di sviluppo abbia mostrato gli effetti più perversi e fallimentari (dal punto di vista sociale, economico e ambientale), l’impressione è che, acriticamente e ottusamente, gli stessi paradigmi utilizzati venti anni fa valgano oggi, in piena recessione, ancor più di ieri. Le grandi opere, come si è visto in numerosi altri casi nazionali – si pensi alla realizzazione dei Treni ad Alta Velocità, al ponte sullo stretto, ai progetti di trivellazione in terra ferma e nel mare, alle opere legate ai grandi eventi come le Olimpiadi e come EXPO – sono dispositivi complessi in grado di mobilitare importanti interessi economici (dalla progettazione dell’opera sino alla sua realizzazione) e di sviluppare meccanismi che sfuggono al controllo di chi abita i territori investiti da tali progetti, mettendo sotto tensione la democraticità dei processi decisionali, il rapporto tra uomo e ambiente e la questione più generale del modello di sviluppo.
È per questa ragione che le opere ritenute utili dagli abitanti ma non dalle logiche del sistema economico e politico vigenti, non sono mai state realizzate. Si pensi alle numerose richieste di potenziamento della rete dei trasporti pubblici locali e delle piste ciclabili, di riqualificazione delle strade esistenti, di opere di valorizzazione e salvaguardia del territorio, di progetti, politiche e programmi volti alla riconversione ecologica dell’economia.
Il modello di sviluppo che si cela dietro a tali progetti infrastrutturali appare desueto, inesorabilmente senza futuro e senza prospettive. È lo stesso modello che ha portato alla crisi economica attuale e che affonda le sue radici nella crescita incontrollata delle città, nella costruzione infondata di infrastrutture (si pensi alle già citate TEEM e BREBEMI), nel business legato agli appalti pubblici e nel finanziamento di progetti che sistematicamente non vengono realizzati. Si tratta di un modello capace di impossessarsi di territori vivi, rigogliosi e sani e di restituirli privi di vita, di identità, depressi dal punto di vista ambientale, sociale ed economico.
All’interno di questo contesto, il territorio investito dal progetto della Tangenziale si trova oggi in una fase molto difficile. Dopo quasi vent’anni di battaglie, la realizzazione dell’opera sembra alle porte. Una parte del progetto, a seguito dei tavoli concertativi, è stata infatti inserita all’interno del nuovo Piano Regionale dei Trasporti che prevede la sua realizzazione entro il 2017. Si tratta di quella parte del tracciato che sorgerebbe su territori agricoli e incontaminati da infrastrutture. I prossimi mesi saranno decisivi per capire se il fronte del NO senza mitigazioni e compensazioni riuscirà a resistere o se verrà posata l’ennesima pietra di un’opera inutile che segnerà indelebilmente il futuro di un territorio e dei suoi abitanti.
Scheda tecnica
Cosa: Superstrada (tangenziale) Milano Vigevano Malpensa e TOEM (Tangenziale Ovest Esterna Milano)
Dove: Europa del Sud, Nord Italia, Lombardia, Città Metropolitana di Milano, Zona Ovest, Parco Agricolo Sud Milano, Parco Naturale della Valle del Ticino (Riserva della biosfera MAB – Man And the Biosphere).
Quando: dagli anni Novanta ai giorni nostri.
Perché: i progetti della Tangenziale Milano Vigevano Malpensa e della TOEM nascono con l’obiettivo di portare sviluppo e crescita economica attraverso la realizzazione di nuove infrastrutture in grado di rendere maggiormente accessibili e quindi attrattivi i territori. I sostenitori delle opere sono il Governo, la Regione, la Città Metropolitana, alcuni amministratori locali e alcuni industriali della zona. Ad opporsi a entrambe le opere, invece, cittadini e cittadine, movimenti sociali/ambientalisti/ecologisti, agricoltori ed alcuni amministratori comunali, riunitisi in Comitati contro la realizzazione dell’opera, per la salvaguardia del territorio e per la riconversione ecologica dell’economia.
Come: i progetti delle due opere nascono, in tempi diversi, con l’unico obiettivo di potenziare il collegamento tra i comuni del sud e del sud – ovest Milano con Milano e con l’Aeroporto di Malpensa. Il progetto della tangenziale era stato inserito tra le opere strategiche della Legge Obiettivo. Nessuna delle due infrastrutture è stata finora realizzata. I progetti presentati prevedono che le opere attraversino un territorio attualmente occupato da coltivazioni agricole e da aree naturali. L’opposizione dei Comitati, articolatesi nel corso degli anni, attraverso attività di sensibilizzazione, mobilitazioni e lo sviluppo di esperienze d’uso del territorio in armonia con l’ambiente, ha impedito sino ad oggi la realizzazione dell’opera.
Riferimenti: No Tangenziale – Rete di Salvaguardia Territoriale – Comitati No Tangenziale – La Terra Trema – Folletto25603
15 ANNI DI BATTAGLIE NO TANGENZIALE
di Alice Selene Boni
Illustrazioni di Andrea Rossi
da L’Almanacco de La Terra Trema. Vini, cibi, cultura materiale n.01
16 pagine | 24x34cm | Carta cyclus offset riciclata gr 100 | 2 colori
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Last modified: 29 Mar 2024