Intervista ad Alfonso Soranzo dell’Azienda Agricola Monteforche | Di Simone Muzza Per Zero.eu

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Dal 27 al 29 novembre torna al Leoncavallo La terra trema, l’appuntamento dedicato a vini e vignaioli autentici e indipendenti, agricolture periurbane, cibo e poesia dalla terra che ci ha fatto conoscere e innamorare di tantissime bottiglie e storie.
Abbiamo fatto una chiacchierata con alcuni tra gli espositori, scelti con i ragazzi di La terra trema perché tra i più rappresentativi della manifestazione: dopo Emanuele Crudeli di Terre Apuane e Renato Buganza, è la volta di Alfonso Soranzo (Este, 06/11/1968) dell’Azienda Agricola Monteforche di Zovon di Vò (PD). Nella foto di copertina, a destra del suo collega viticoltore Claudio Solito.

ZERO – Hai un ricordo d’infanzia legato al vino?
Alfonso Soranzo – Il moscato rifermentato in bottiglia di mio padre con la torta margherita che faceva mia nonna Emilia.

Ti sei sempre occupato di vini?
No. Ho studiato musica ma ho sempre aiutato i miei genitori nel lavoro nei campi, in vendemmia e in cantina. Mi sono appassionato al vino attorno al 1999.

Puoi presentare la tua azienda? L’hai ereditata dai tuoi genitori? In caso affermativo: hai apportato delle modifiche sostanziali nel modo di fare il vino?
Sì, e ho completamente cambiato tutto. Anche i clienti. Sono ritornato a fare il vino che mio padre faceva negli anni 60.

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La stradina d’arrivo al Monte delle Forche e i Colli Euganei sullo sfondo.

 

Che uve coltivate, che vini producete, in che quantità, quanto costano?
Coltivo Cabernet Franc, Carmenere, Moscato bianco, Garganega, Merlot. Le quantità sono piccole in quanto coltivo 5.5 ettari di vigna, circa 15mila bottiglie all’anno.

Quante persone lavorano da voi?
Lavoriamo io e mio padre e a volte nei momenti più difficili ci aiuta qualche vicino.

Come descriveresti “La Terra Trema”? Hai già partecipato? Cosa ti ha spinto a prendere parte a questo tipo di evento?
C’è un legame profondo in essere con i ragazzi che organizzano la Terra Trema, una sorta di riconoscimento profondo nel fare le cose e nel viverle allo stesso modo.

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A destra Alfonso Soranzo, in mezzo suo padre, a sinistra.

 

Naturale, biologico, biodinamico, artigianale… Le definizioni sui vini si sprecano, e il consumatore è sempre più confuso. Come definireste il vostro vino?
Io lo definirei legato a un territorio.

Il tuo vino contiene solfiti aggiunti? Se sì, perché?
Sì, ma a bassi dosaggi. Un leggera forma di protezione.

Ma un vino artigianale è migliore a prescindere da uno industriale? O è solo più sano? E poi, sei sicuro che zolfo e rame sono più sani per l’organismo?
Non lo so. Io cerco di fare quello che sento. Sicuramente la mentalità industriale ha come obbiettivo il guadagno a qualsiasi costo senza principi ed etica.

La maggior parte dei vini sul mercato sono prodotti con diserbanti, concimi di sintesi, pesticidi, ingredienti di originale animale… Sei favorevole a una normativa che costringa i vignaioli a scrivere tutto quello che c’è nelle bottiglie e come viene ottenuto il vino? Perché? Pensi sia un traguardo raggiungibile in tempi brevi?
Magari! Ma non penso succederà a breve.

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La cantina di Alfonso Soranzo.

 

3 bottiglie che porteresti sulla Luna.
Trebbiano di Valentini (una vecchia annata), sempre una vecchia annata di un Borgogno e il Chianti Classico Le Trame della Morganti.

Cosa bevi a parte il vino?
Acqua.

Cosa significa per te bere responsabilmente? Bevi tutti i giorni?
Non lo so. Bevo tutti i giorni.

E se ti è capitato di non bere responsabilmente, qual è il rimedio per una sbronza?
Bere un goccetto di vino il giorno dopo.

TESTO DI SIMONE MUZZA
venerdì 13 novembre 2015

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Last modified: 20 Ott 2019

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