La Terra Trema anno 2014 invita a scrivere a dieci anni dalla morte di Luigi Veronelli ch’accadde il 29 Novembre 2004. È un invito aperto a chiunque abbia desiderio di mandare il proprio contributo (a info@laterratrema.org nel caso si voglia).
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Un alfiere dlla biodiversità
Quest’anno ricorreranno i dieci anni dalla morte di Luigi Veronelli, per gli amici, “Gino” semplicemente. Saranno pubblicati tanti ricordi, verrà certamente messa in risalto questa straordinaria figura di intellettuale, di personaggio scomodo, difficilmente classificabile.
Ho avuto il privilegio di conoscerlo, sfortunatamente, per un anno solo. Dal novembre 2003, in occasione della notevole “Critical wine-Fiera dei Particolari” al Centro Sociale Leoncavallo di Milano, non ci siam più persi di vista e tra visite a casa sua, scambi epistolari, telefonici, incontri a successivi eventi, avevamo iniziato una collaborazione tra custodi di biodiversità diverse ma affini, profondamente affini. Ho contattato Gino Veronelli per il mio impegno nella salvaguardia della biodiversità rurale, egli era già pienamente a conoscenza della tematica, sulle pagine della sua bella rivista “EV” collaborava, da tempo, Massimo Angelini, del Consorzio della Patata Quarantina di Genova, tra i più importanti studiosi di ruralistica in Italia. Apprezzavo la sua opera in difesa della campagna italiana, il suo intenso, costante, determinato ed appassionato sforzo in favore della nuova agricoltura, quella giovanile, orientata alla agricoltura biologica e biodinamica e, in generale, a favore della agricoltura vera, quella contadina e non industriale, seriale, multinazionale o transgenica. L’anno prossimo avremo Expo 2015 “Nutrire il pianeta” a Milano, il contributo lucido, fantasioso, poetico di Gino sarebbe stato prezioso. Lo teniamo con noi, andando a rileggere e riscoprire le sue analisi, i suoi scritti su agricoltura, globalizzazione, lotte rurali in Italia e all’estero.
Grazie al lavoro di Veronelli, lavoro di analisi ma anche di gioiosa, chi l’ha detto che la puntuale, scientifica, quasi, analisi, non possa anche essere accompagnata dal brio, dalla leggerezza, divulgazione, sono stati portati in salvo, in Italia, centinaia di ceppi di vite altrimenti destinate a sparire. Leggere i suoi articoli, la sua rivista “EV”, significa cantare una lunga serie di nomi di vitigni diversi, tanti, tantissimi. Se si pensa che quelli principalmente coltivati per produrre il vino in Italia sono poche decine, i più conosciuti, le uve Chardonnay, Pinot, Cabernet, Merlot e poche altre ancora , scovare vitigni come “per’e palummo”, “Palummella”, “Coda di volpe” “Pallagrello, bianca e nera” è una delizia. La biodiversità passa anche dal vino, Gino lottava strenuamente per le piccole produzioni, ha passato parte grande della sua vita ad incontrare vignaioli, ad assaggiare, stimolare, dialogare, sostenere, agire nel concreto di innumerevoli iniziative, le ultime, interrotte dalla sua dipartita, in Puglia, assieme ai ragazzi del centro sociale “Coppola Rossa” per bloccare l’arrivo, provocatorio nell’Italia, paese dell’olio e del vino, dell’olio di nocciola dalla Turchia, poi, attraverso truffaldine operazioni, spacciato per olio d’oliva. Gino Veronelli ha ideato le DECO, le denominazioni comunali, ovvero un’idea geniale, semplice, di attribuire ai Sindaci la possibilità, essendo essi anche autorità sanitaria responsabile, di garantire, a livello comunale, dal basso, la genuinità di un certo prodotto, per esempio, ricordo, la Deco sull’asparago di rosa di Mezzago, in Brianza. Una soluzione economica, democratica, per sostenere produzioni locali e garantirne una autenticità certificata dal Primo Cittadino. E Gino non ha ideato solamente questo.
L’etica e la pratica del prezzo sorgente, ovvero l’idea che bisogna fare a meno dei troppi passaggi dal produttore, il contadino, l’allevatore, il viticoltore, fino al consumatore, laddove al produttore, colui che la terra la coltiva, restano briciole ed il grosso va nelle mani dei mediatori o della grande distribuzione. Non era solo, Veronelli, aveva accanto, nell’ultima parte della sua vita, un movimento ampio, e la sua forza stava nell’esserne un’espressione visibile e nota, ma nell’essere sempre se stesso, con la sua vita, le sue frequentazioni di ogni ambiente sociale. Nella sua rivista, egli interloquiva con esponenti della viticoltura industriale e con piccoli contadini, grandi ristoratori e gestori di piccole, microscopiche strutture. Si rapportava con tutti, rispettato da tutti ed anche, fieramente avversato. Rispondeva, con spirito sanguigno o dolce, alla bisogna, a tutti, non ha mai disdegnato il confronto, confronto aspro o in punta di fioretto, possedeva una lingua, una cultura capace di parlare a tutti. Ed era ospitale e generoso, sono stato a casa sua, pranzi eccellenti innaffiati da vini ancora più unici e rari. Se ci è mancato è perchè il suo essere “anarchico”, militante, consapevole e dichiarato, non gli impediva di interloquire con altri. Aveva una sete di umanità, una voglia di vivere e questa sua voglia di mescolarsi non lo tenevano distante da nessuno.
Riguardare la sua ultima, credo, intervista televisiva a “L’Elmo di Scipio” su Rai Tre, il suo entusiasmo, la causticità di certe sue affermazioni, la lucidità con la quale salutava iniziative dal basso e fustigava determinati, altri, perniciosi comportamenti, significa riportare il pensiero di Gino Veronelli nella sua interezza, egli che il medium televisivo aveva conosciuto e ben frequentato, insieme alla sua grande passione giornalistica. La notizia della sua morte, un GR di Radio Popolare di Milano, mi colse di sorpresa, non potei fare altro che piangere. Avevamo cercato, di concerto con la mia associazione , Civiltà Contadina, da tempo, un contatto con lui, una collaborazione sui temi della biodiversità, avevamo trovato in lui e nei suoi collaboratori più stretti una cordiale, fattiva risposta, era mancato. Una perdita enorme, affettiva, innanzitutto, Gino Veronelli si faceva voler bene, era di un’umanità dolce, squisita, ed era prezioso. Una poesia di Brecht dice che sono le vecchie querce che ci mancano, quando cadono, nel bosco si apre il vuoto, e in tanti, uccellini, scoiattoli, una miriade di infiniti e delicati esseri resta senza un tetto, un riferimento visibile.
E’ stato così anche per noi. Il suo pensiero, il suo agire, ci ha accompagnato, ha lasciato un’eredità tanto vasta che le sue intuizioni, le sue preveggenti illuminazioni ci guidano ancora.
Se non siamo “orfani di Veronelli” è perchè egli, saggiamente, si è sempre accompagnato ad altri, anarchico si, ma non individualista, in quella sua intervista, anzi, contro il pensiero anarchico che è piuttosto astensionista, invitava i Centri sociali d’Italia a presentarsi alle elezioni, ed egli li avrebbe votati ed appoggiati. Non mi pare che per questa sua affermazione, gli anarchici italiani lo abbiano compianto meno. L’omaggio più bello, alle sue esequie, laiche, fu quello di alcuni viticoltori piemontesi che gli recarono, sulla tomba, una casetta della loro terra di vigna. Omaggio più bello, affettuoso, non poteva ricevere e meritare. Quando andai a trovarlo, in quella splendida casa a Bergamo, sui colli, in via Sudorno, gli portai una pianta di melissa dal mio orto, Gino diede subito disposizioni affinchè venisse posta a dimora. Un piccolo segno di considerazione, di rispetto, verso le piante, verso le creature vegetali che me lo legò ancor più. Quel movimento di ripresa della terra, di riappropriazione del cibo, quel fiume di iniziative dal basso che continuano e crescono, in tutta Italia e nel mondo, è cresciuto anche grazie al suo pensiero. Critical Wine/La terra trema c’è ancora, Genuino Clandestino cresce e si afferma, un movimento di orticoltori consapevoli, noi, salvatori di semi, tutti interconnessi, la battaglia contro gli Ogm, una miriade di lotte, di pratiche si estendono e articolano, Veronelli in Italia, come Pierre Rabhi in Francia, Vandana Shiva in India, sono stati pionieri ed alfieri di un nuovo modo di vedere la terra ed i contadini. Rendergli omaggio significa solamente continuare, continuare e perseverare. La terra ai contadini e la terra ai contadini veri, non agli avvelenatori dell’agroindustria, terra a chi la lavora con amore, intelligenza, cuore.
Gino Veronelli è stato gran parte di tutto questo nostro, attuale sentire. Vogliamo ricordarlo.
Vogliamo fermarci un attimo, deporre la vanga, la penna, un momento e poi, ricominciare.
Ce lo portiamo con noi, nei campi, tra le zolle, e ce lo porteremo col suo sorriso, con la sua ironia sognante, particolare, disincantata, attiva, sempre.
Teodoro Margarita
Last modified: 10 Ott 2024