Folletto25603 e Leoncavallo s.p.a
22 e 23, 24, 25 Novembre 2012 – MILANO
LA TERRA TREMA al Leoncavallo
Vini e vignaioli autentici, agricolture periurbane, cibi e poesia dalla terra
Con rinnovato piacere vi informiamo che la 6a edizione de La Terra Trema si terrà a Milano da venerdì 23 a domenica 25 Novembre 2012 al Leoncavallo s.p.a.
Da 6 anni La Terra Trema porta nel cuore di Milano le mille narrazioni delle agricolture partigiane e ribelli; le molteplici storie di rivolta di chi abita territori assediati da cemento, capannoni, infrastrutture devastanti calate dall’alto e di chi vive territori con specificità paesaggistiche e produttive uniche e straordinarie.
La Terra Trema è manifestazione dedicata all’agricoltura di qualità, quella che in Italia quotidianamente lotta per tutelare suolo e socialità, colture e cultura, enogastronomia non elitaria e un’idea differente di sviluppo.
Agricoltori, vignaioli, spazi occupati – autogestiti e indipendenti – pratiche di r-esistenza nei territori: in questo meraviglioso e pazzo incontro sono racchiuse la forza e la necessità stessa de La Terra Trema.
Nonostante agricoltura e contadini rappresentino una risorsa primaria per la risoluzione di bisogni primari di individui e collettività, entrambi faticano a sopravvivere. Da anni, in Italia e non solo, agricoltura e contadini sono schiacciati da un modello economico di sviluppo che ha come unica priorità il profitto di pochi.
L’agricoltura – quella autentica, non l’agroindustria – sopravvive e non certo grazie alle squilibrate e assurde normative che regolano il settore; tanto meno grazie alle Politiche Agricole Comunitarie Europee e Mondiali.
L’agricoltura – quella autentica, non l’agroindustria – oggi si sostiene solo grazie allo spontaneismo, solo per la volontà e la tenacia di centinaia e centinaia di piccoli agricoltori e per la partecipazione attiva di altrettanti cittadini: insieme hanno dato luogo a una forza multiforme e viva; l’unica ad indicare e percorrere strade nuove utili per un sistema sociale, politico ed economico diverso.
La Lombardia regala ogni giorno al cemento 13 ettari di terreno agricolo fertile, l’Italia ne offre in pasto 30. Terra per mangiare, Terra per respirare, Terra per lavorare, Terra per ridurre il dissesto idrogeologico, Terra, agricoltura buona per un altro modello di sviluppo.
Dal dopoguerra ad oggi mai è stata fatta una seria riforma agraria; invece sono state costruite ad hoc assurde normative a favore dell’agroindustria e dell’agribussiness.
Che si chiami biologico, integrato, slow, green, naturale… nulla si salverà, nulla cambierà se non ci si smarcherà in modo attivo dal modello economico capitalistico finanziario mondializzato, capace solo di distruggere, sussumere e sfruttare solo in nome del profitto. A fronte di ciò è necessario appoggiare la costituzione di ognuna delle numerose pratiche e progettualità in grado di allontanarsi da questo desolante scenario. È fondamentale costruire nuovi immaginari e nuove pratiche. Non è importante come si chiamano, ma è importante guardare a quello che fanno e come lo fanno.
Al pari dei marchi della grande distribuzione, non ci piacciono marchi come Slow Food e Eataly; li consideriamo veicolo di una visione di agricoltura gravemente elitaria, che si apre solo alle belle forme di un pubblico agiato e poco dialoga con i forzati dell’hard discount. Dietro questi marchi, queste foglie di fico, c’è comunque puntato il fucile feroce del bussiness, dei rapporti di produzione di un’economia di mercato dove gli unici a guadagnarci sono quelli che stanno all’apice della catena libera: gli imprenditori commerciali, i distributori, i loro negozi, le loro catene, la loro struttura organizzata e libera(l). Non certo i produttori, i consumatori. Di co-produttori e co-produzione non c’è traccia!
La Terra Trema era a Genova nel 2001 e in Val Susa dieci anni dopo, Oggi è al fianco delle decine di persone coinvolte nei processi a quegli eventi legati; con i fratell* e con i compagn* a cui è stata negata e limitata la libertà. La Terra Trema è con i migranti che nell’agricoltura trovano lavoro ma soprattutto sfruttamento e vessazioni, a Rosarno come a Castelnuovo Scrivia; La Terra Trema guarda alle comunità attive come quella di Pescomaggiore, che nell’autogestione del proprio vissuto sta ricostruendo la propria storia, buttata giù dal terremoto e affossata in maniera criminale da giochi di potere, traffici oscuri, abbandono dello Stato; La Terra Trema non crede alla beatificazione per Expo 2015, eletta a nutrire il pianeta ma che ad oggi vede tonnellate di cemento sommergere ettari di campagna; sussume socialità e vissuti nei quartieri; lavoratori sottopagati dall’indotto, raramente salvaguardati da contratti e diritti; La Terra Trema è antifascista; chiede il libero soggiorno per tutti i migranti che attraversano questa nazione bastarda; è vicina e sostiene ognuna delle esperienze di occupazione/riqualificazione di spazi abbandonati e dismessi, perché nell’incuria e nella desolazione si crogiola il gioco delle speculazioni, siano esse pubbliche o private;
Questa è la natura de La Terra Trema.
Per assecondare e render conto alla natura nostra, dedichiamo La Terra Trema 2012, al viaggio che portò Gino Veronelli a Ventotene; isola, carcere e cimitero in vita e in morte di tanti ergastolani. Su una di queste tombe egli scrisse pagine bellissime, dense, vischiose di vita; sulla tomba di un uomo libero, malgrado tutto, Gaetano Bresci, lasciò il suo testamento.
Il 23 Giugno 2012 siamo approdati a S. Stefano sulle tracce della mappa delle tombe degli ergastolani lì sepolti, ricomposta con minuzia da Veronelli; siamo approdati a S. Stefano per portare un nome e un fiore su quelle tombe, per immaginare e chiedere un orizzonte liberato dalle carceri e dall’ergastolo. Come a Gino sarebbe piaciuto. Stassentire.
Queste le intenzioni e la storia nostre. Continuiamo a costruire ogni anno La Terra Trema sulle nostre forze, per questo ci lavoriamo in autogestione, senza sponsor, senza patrocini e sovvenzioni.
La Terra Trema
Folletto 25603 (Abbiategrasso, Mi)
Leoncavallo s.p.a. (Milano)
“I ragazzi – per me lo sono – del Leoncavallo ospitano (e qui la parola ha un valore totale dacché non è mossa dal minimo interesse privato) i vignaioli, ripeto, migliori e più conosciuti, e quelli, anche migliori, ma non ancora conosciuti.
Ciascuno di loro – e in primis va da sé, i miei lettori ed amici – sono invitati a partecipare. Sarà una fiera del tutto nuova; vi si assaggeranno i vini di ogni parte d’Italia. Festeggeremo la vita”.
(Gino Veronelli, in occasione della prima edizione di tl/cw al Leoncavallo, dicembre 2003)
Per la sesta edizione de La Terra Trema abbiamo chiesto a Simone Massi un’immagine che dipingesse a suo modo questo nostro folle progetto, l’agricoltura che resiste, quella che ogni anno vogliamo festeggiare a La Terra Trema.
Simone ci ha fatto dono di un magnifico partigiano. Un’immagine fortissima, certo, ma carica, pregna fino all’osso, di tutto quanto avevamo bisogno.
L’agricoltura, gli agricoltori, oggi. La memoria recente di un’Italia che è appena passata. La determinazione, nonostante tutto.
Nessuna remora, nessun dubbio ad eleggerla a nostro manifesto per il 2012.
Insieme, racchiuse tra le linee, abbiamo letto di memoria partigiana, di resistenza quotidiana nostra, di tante comunità che giorno per giorno lottano per la difesa di vite vissute appieno, salari, territori, pensiero.
L’immagine ha destato in qualcuno perplessità.
Certo duole ma a poco serve dare una propria interpretazione.
Amiamo questo Partigiano e basta;
L’amiamo per quel racconta col corpo, tutto;dal fucile in mano, lo sguardo triste, mesto, scuro, le spalle stanche, le braccia in abbandono, il dolore.
L’amiamo non solo per attitudine politica, sentimentale ma perché ci mette davanti al genio. E spalanchiamo la bocca, come di fronte ad Antonio Ligabue, Caravaggio, Pierpaolo Pasolini, Nuto Revelli, quel che volete.
Infine.
Forse solo perché ci somiglia, ci calza addosso meglio che altre, abbiamo un’idea di Storia Partigiana che è sporca, sudata, carica di conflitti e contraddizioni, di limiti; ma che è soprattutto felice di vivere, lottare.
Non sia solo il nostro manifesto a scuotervi, ma i manganelli sugli operai a Piacenza, sugli studenti, sui padri, le madri, i figli; i lacrimogeni in faccia ai valligiani, il cemento sulla vostra terra; i respingimenti coatti sulla linea del Mediterraneo; l’arroganza di una classe dirigente feroce, che chiude occhi, naso orecchie; i colpi di frusta di una economia affamata, scaltra, assassina.
Last modified: 20 Ott 2019
Sono sempre intervenuto a tutte le edizioni de “la terra trema” e sicuramente ci sarò anche quest’anno. Tuttavia non condivido l’utilizzo di un’immagine (per bella che sia) con un fucile in evidenza per rappresentare una manifestazione che ha lo scopo di festeggiare la vita. Con immutata stima.
gentile nic marsél, è memoria contadina e partigiana; altre sono le cose violente e le violenze. grazie. un caro saluto.
Laura, mio nonno mezzadro e mio padre muratore non hanno mai avuto un fucile, e ogni partigiano ne avrebbe fatto volentieri a meno. Per questo non lo ritengo simbolo appropriato. Ma non è mia intenzione spostare l’asse della discussione su un tema comunque delicato che potrebbe portarci ad inutili fraintendimenti. Ci sarà modo di parlare serenamente durante i giorni della manifestazione, davanti ad un buon bichiere di vino :-) A presto
Ragazzi, devo dire che anch’io ho qualche problema a veder rappresentata la mia “resistenza” di contadina con un fucile. Sono una vecchia (di storia personale, un po’ di età, ma non di cuore e mente) femminista e pacifista e sono convinta nel profondo che con le armi non si risolve nè si è mai risolto nulla, Ghandi insegna… Le armi le hanno sempre usate i potenti e gli sfruttatori, noi mettiamo in campo solo semi di vita e di pacifica convivenza, vi prego.
Un grande abbraccio e, ormai, a prestissimo!
Corinna, da sempre con voi e tra voi al Leo.
[…] LA TERRA TREMA al Leoncavallo […]
Ma scusate, i buldozzer che spianano e divorano per aprire una nuova strada per raggiungere un centro commeriale bello fiammante, oppure per collegare la campagna con l’areoporto di Malpensa, asset strategico fondamentale, infischiandosene di storia, memoria e ambiente … non e’ violenza? Quel fucile significa che siamo pronti a difenderci, non e’ certo una chiamata alle armi…. Sta a significare che non intendiamo farci fregare. L’agricoltore per continuare ad esserlo deve realmente combattere, e l’immagine rappresenta simbolicamente la battaglia che si compie ogni giorno, contro chi non sto certo ad elencarvelo. L’agricoltore non e’ contendo di dover combattere per vivere. E’ un’immagine di sofferenza, il comattente solo, costretto alla guardia, profondamente malinconico anche nello sguardo. Non e’ un marine che mostra i muscoli, e’ un’immagine straziante. Almeno io la percepisco cosi’ ….
Un manifesto forte, ma il momento richiede forza e fermezza, il disegno di Simone Massi è come un totem, vuole attirare la massima attenzione (e ci riesce) al momento che stiamo tutti noi vivendo non solo nelle nostre campagne ma anche nelle nostre città, è un momento in cui è necessario resistere e tenere la posizione.
un manifesto forte, attira attenzione, ma, forse divide e anche allontana a quelli che credono nella vita e la non violenza, voglio dire, alcune immagini servono più a quelli che sono contro che non a quelli che sono a favore… dice Lampu, “sta a significare che non intendiamo farci fregare” ma per questo serve di più avere gli occhi aperti e meglio informati, la vera e potente arma dovrebbe essere un nostro atteggiamento consapevole di NON COMPRARE quello che male ci fa, il potere è nostro… un abbraccio a Corinna e Nic Marsel